Il reportage di Bocca dal Cottolengo

BOLZANO. Sfogliando l’Alto Adige dei primi mesi del 1949 – quando una copia costava 15 lire ed era formata da sole quattro pagine – ci siamo imbattuti in un articolo firmato da un certo Giorgio Bocca....



BOLZANO. Sfogliando l’Alto Adige dei primi mesi del 1949 – quando una copia costava 15 lire ed era formata da sole quattro pagine – ci siamo imbattuti in un articolo firmato da un certo Giorgio Bocca.

A quel tempo il celebre cronista piemontese scomparso nel 2011 scriveva per un’agenzia giornalistica alla quale attingeva anche l’Alto Adige per la sua pagina di varia umanità. Ed ecco che nella terza pagina del 9 gennaio appare un curioso articolo firmato appunto Giorgio Bocca e intitolato “Mostri per gli uomini / creature per il Cottolengo”.

Bocca aveva saputo dell’esistenza di questo tristissimo ricovero per bambini e adulti affetti da gravi deformazioni e aveva chiesto di visitarlo. Quello di Torino – fondato da Giuseppe Cottolengo – ne ospitava ben diecimila. “…Esseri mostruosi, quasi disumani, vivono nella “città del dolore” ma la carità che si respira fra queste mura – racconta Bocca – vince ogni orrore… Mi accorgo improvvisamente che qualcosa di piccolo, una cosa azzurra, una cosa strana sta al mio fianco, quasi appoggiandosi alla mia gamba. E ne vedo altre uscire di dietro ai lettini, azzurre, gialle, rosse nei loro vestiti, così piccole, strane cose, non bambine. Gemono, alcune, altre gorgogliano suoni informi, altre tacciono. Sono le più orride a guardarsi, queste che tacciono”.

Il giornalista prosegue il suo viaggio in questo inferno con un racconto commosso e commovente. “Porgo ai bambini dei confetti, come un automa, ma qualche cosa mi ferma d’improvviso, una voce timida e sommessa: grazie, signore. È stato uno dei bambini a parlare, un bimbo dal viso bellissimo e dagli occhi neri: “Lui è intelligente - mi dice all’orecchio la suora - lui capisce tutto ma ha un grosso tumore sulla schiena e non sappiamo se finirà l’anno”.

Il giornalista visita altri reparti, poi conclude: “Esco dal Cottolengo con la testa confusa. Non è stata solo la visita dei malati a turbarmi in questo modo, ma i discorsi che si odono, l’espressione dei visi, i gesti. Che strano mondo è questo. La carne vi è presente in tutto il suo orrore, ma è come non esistesse. Non riesco a spiegare…”. (f.z.)













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