I VERDI

Il ritorno di Marco Boato «Per un’Europa sociale»

BOLZANO. Quando entrò in Parlamento per la prima volta, nelle fila del Partito Radicale, aveva 35 anni. Era il 1979 e Moro era stato ammazzato dalle Br da poco più di un anno, in strada si sparava e...


di Giuliano Lott


BOLZANO. Quando entrò in Parlamento per la prima volta, nelle fila del Partito Radicale, aveva 35 anni. Era il 1979 e Moro era stato ammazzato dalle Br da poco più di un anno, in strada si sparava e la lotta armata era al suo zenit. L'VIII legislatura resse sei governi: Cossiga 1 e 2, Forlani, Spadolini 1 e 2, e il quinto governo Fanfani. Ere geologiche passate, piena Prima Repubblica. Dura presentarsi come "uomo nuovo" per Marco Boato, che di legislature ne ha conosciute altre quattro e ora, a 70 anni, si ripresenta per le europee come "padre fondatore" dei Verdi.

Ma non era stato lei stesso a chiamarsi fuori? Mai più candidato, largo ai giovani e al rinnovamento generazionale, diceva qualche tempo fa. Ora è di nuovo in lista. Il rinnovamento adesso può attendere?

«Avevo deciso di non candidare, ma non di concludere il mio impegno politico, che rimane una vocazione. Ma quando c'è stata la decisione di presentarsi alle europee mi è stato chiesto, sia a livello locale che nazionale, sia da Green Italia che dai Verdi, di presentarmi per un percorso unificato. Quando ho accettato, con qualche difficoltà da parte di mia moglie, lo scenario presentava qualche difficoltà. Le cinque Corti d'appello ci avevano escluso e siamo stati riammessi solo con la storica decisione della Cassazione, che ha per la prima volta riconosciuto la prevalenza della dimensione europea su quella nazionale».

Certo, ma il suo nome non è proprio il sinonimo di rinnovamento. É in politica da 50 anni, ormai.

«Innanzitutto non sono candidato come capolista. Corro da secondo (la prima è Syusy Blady, la cabarettista e presentatrice di "Turisti per caso", ndr) in una lista per la circoscrizione Nord Est che su 14 nomi presenta 10 donne. Siamo gli unici ad avere una tale rappresentanza femminile. Poi in Trentino Alto Adige abbiamo una doppia candidature, con me c'è Silvana Pintarelli, una donna e un volto nuovo. Io rappresento la continuità, lei il rinnovamento».

Di suo cosa porta, assieme alla continuità?

«L'impegno l'ho preso qualche settimana fa, e voglio portarlo avanti con serietà. Nell'89 avevo proposto la candidatura di Alex Langer, e poi di nuovo nel '94, perché ne condividevo la visione europeista che ha anche pubblicato nel suo unico libro non postumo, "Vie di pace - Frieden Schliessen", che coglie la dimensione federale dell'Europa. L'altra figura guida è quella di Altiero Spinelli, che ho ammirato da giovane e poi conosciuto in Parlamento. Nel 1941, messo era al confino dal fascismo, aveva scritto assieme a Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni il famoso "Manifesto di Ventotene" immaginando un'Europa unita. Lo spirito è di raccogliere la fiaccola di Spinelli per dare vita agli Stati Uniti d'Europa.»

Non è che l'Europa susciti grandi entusiasmi in questa stagione politica. Anzi, mai come oggi, dall'ultimo dopoguerra, l'idea stessa di unità europea è apparsa in crisi di popolarità. C'è il rischio concreto di un voto euroscettico o eurodisfattista che si aggira attorno al 30%.

«L'Euro è stato gestito male ed è evidente la difficoltà di contare poco sullo scacchiere internazionale, ma uscire dalla moneta unica e tornare al secessionismo non è una soluzione, tanto più in un periodo di crisi sociale, economica, monetaria e istituzionale. Impensabile un'Europa con 28 monete. Serve meno Europa dei burocrati, dei poteri finanziari e delle lobbies, ma più regole per contenere i mercati finanziari, più meccanismi d'inclusione e anche più responsabilità verso l'immigrazione, che va affrontata come un problema europeo, non solo italiano. Serve un'unione bancaria, fiscale e politica più forte, e un'unica politica estera e di difesa, non solo militare ma anche civile. Altrimenti ci troveremo a fare i conti con una situazione come quella ucraina. E poi largo al Green New Deal: la rinascita economica dell'Europa passa per l'ecosostenibilità».

Cosa ne pensa della lista Tsipras, che proviene da esperienze a voi affini?

«Massimo rispetto per Tsipras, come per ogni forza politica, escluse quelle che si richiamano a razzismo e xenofobia, dalle quali manteniamo una distanza abissale. Ma la lista, nata nelle intenzioni come intesa politica larga e trasversale, si è trasformata strada facendo in una lista di estrema sinistra. Esperienza già fatta con Rivoluzione Civile ed è stata fallimentare».

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