la storia

Il serial killer di Merano che odiava gli italiani

Febbraio 1996, giornate di terrore: Ferdinand Gamper ammazza 6 persone


di Orfeo Donatini


BOLZANO. È un febbraio di terrore per l'Alto Adige, e per Merano in particolare, quello del 1996, destinato ad entrare nella storia: sono state infatti le settimane – dall'8 febbraio all'1 marzo per la precisione – nel corso delle quali nella città del Passirio ha imperversato un serial killer che ha fatto sei vittime prima di suicidarsi nel suo maso assediato dalle forze di polizia nei pressi di Rifiano, all'imbocco della Val Passiria.

Come molti ricorderanno, protagonista di quella tragica stagione fu Ferdinand Gamper, un pastore sudtirolese di 39 anni, con una drammatica storia di violenza familiare alle spalle, malato di mente e mosso da uno psicotico odio nei confronti dei concittadini di lingua italiana.

La tecnica e anche l'arma usata sono sempre le stesse: un colpo alla testa delle sue vittime da una pistola Weirauch calibro 22 magnum. Il primo degli omicidi avviene l'8 febbraio sulle Passeggiate del Lungo Passirio a Merano: con un colpo di pistola alla nuca vengono uccisi Hans-Otto Detmering, 61 anni, funzionario della Deutsche Bundesbank e Clorinda Cecchetti, un'impiegata marchigiana di 50. In un primo momento si pensa a un movente di tipo economico-finanziario, legato ad una faccenda privata del banchiere tedesco. Viene seguita anche la pista del delitto passionale, che vide come indiziata la moglie di Detmering, ma l'ipotesi investigativa rimane senza alcun riscontro.

Il 14 febbraio a Sinigo viene poi ucciso Umberto Marchioro, un semplice contadino di 58 anni, anche lui vittima di un colpo di pistola alla testa nei pressi della sua abitazione. L'arma risulta essere la stessa con cui, sei giorni prima, sono stati uccisi i due “ germanici” sulle Passeggiate meranesi; uguali sono anche le modalità delle esecuzioni.

A fronte di tali indizi, l'autorità investigativa comincia a formulare l'ipotesi che dietro i tre omicidi ci sia la mano di un serial killer. Anche perché questa volta viene ritrovata poco lontano una sorta di rivendicazione scritta in tedesco su due foglietti sgualciti con alcune frasi deliranti e inneggianti all'odio etnico. Qualche giorno dopo viene arrestato un giovane di Sinigo, l' imbianchino, Luca Nobile, con l'accusa di essere l'autore dei tre omicidi.

Ed è a questo punto dell'inchiesta che si apre forse uno dei capitoli più controversi che sarà destinato a trascinare nella bufera il sostituto procuratore Cuno Tarfusser che annuncia, stando alle ricostruzioni giornalistiche dell'epoca, come “siano emersi a suo carico elementi gravi”. Il caso sembra dunque risolto, ma purtroppo non è così.

Il 27 febbraio, nel centro di Merano, viene ucciso Paolo Vecchiolini, un ragioniere di 36 anni, mentre passeggia con la sua fidanzata. La modalità è sempre la stessa, ossia un colpo di pistola alla testa: identica era anche l'arma da fuoco, una calibro 22. Nonostante il terrore per l'accaduto, la fidanzata della vittima riesce a fornire agli inquirenti un identikit dettagliato, che descrive un uomo alto, biondo, in tuta e zaino. Questo nuovo omicidio spinge gli investigatori a riprendere la pista dell'omicidio seriale, che scagiona a questo punto l'imbianchino Luca Nobile che tuttavia non viene subito scarcerato. E quell'identikit sarà determinante perché un barbiere del centro di Merano, Karl Daprà, riconosce un suo cliente: il pastore di Rifiano Ferdinand Gamper.

Nemmeno il tempo di verificare l'informazione e organizzare l'arresto che nella mattinata del 1º marzo avviene un altro omicidio proprio a Rifiano. La vittima è un vicino di casa del killer sudtirolese. È Tullio Melchiorri, un muratore di 58 anni, ucciso anche lui con un colpo di pistola alla fronte. Dopo una serie di testimonianze e di segnalazioni, gli inquirenti riescono a “stringere il cerchio” attorno al pastore che abita proprio in quella zona. Anche in questo quinto omicidio gli inquirenti ritrovano dei bigliettini deliranti: «Italiano maiale, ti sei insediato nel Sud Tirolo e io sono un italiano emigrato, o nazi».

I carabinieri organizzano una vera e propria battuta attorno al maso di Gamper. Ad una prima ricognizione sommaria sembra che si sia dato alla fuga. Invece è nascosto sotto il suo fienile e spara ancora una volta: il maresciallo Guerrino Botte, di San Genesio, viene colpito al volto da un proiettile e morirà poche ore dopo in ospedale a Bolzano.

All'operazione intervengono – mentre Nobile è sempre in carcere – sia gli uomini della Criminalpol della polizia che numerosi carabinieri e dopo il ferimento del maresciallo scoppia una sparatoria.

Alla fine però Gamper decide di suicidarsi, come pochi anni prima aveva fatto anche suo fratello. Viene recuperata l'arma: è la stessa dalla quale sono partiti tutti i colpi dei sei omicidi che hanno letteralmente terrorizzato per settimane il Burgraviato.

Il caso questa volta è davvero chiuso.

Ma è il momento delle polemiche anche dentro la procura bolzanina dove non si lesinano critiche al collega Tarfusser nel frattempo in vacanza sul Mar Rosso. Anche la detenzione di Luca Nobile termina finalmente quel medesimo 1 marzo. La scarcerazione viene disposta nel pomeriggio dal gip di Bolzano Edoardo Mori. Il giovane di 24 anni, era rinchiuso a Padova, in isolamento dietro sua stessa richiesta. Una prima richiesta di scarcerazione, avanzata dal difensore e con il parere favorevole del pm Paul Ranzi, era stata presentata dopo il quarto delitto del killer, quello avvenuto il 27 febbraio, mentre il giovane era in cella.

Ma il gip l’aveva respinta, ritenendo essere necessari ulteriori accertamenti sul ruolo del giovane che si é sempre proclamato innocente.













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