Karakorum, Tamara Lunger e Moro «salvi per miracolo» 

La tragedia sfiorata. L’alpinista bergamasco è precipitato in uno stretto crepaccio per almeno una ventina di metri A salvarlo è stata l’altoatesina tenendo la corda che le si è attorcigliata ad una mano, causandole dolori lancinanti  



Bolzano. L’obiettivo, ambizioso e pericoloso, è quello di concatenare Gasherbrum I e II, sul Karakorum, a nord ovest dell’Himalaya. Per portarlo a termine, il bergamasco Simone Moro e la bolzanina Tamara Lunger, star dell’alpinismo moderno, sono in Pakistan da dicembre. Quanto il loro sogno sia irto di insidie lo hanno capito entrambi nelle scorse ore, quando hanno davvero visto la morte in faccia. Durante un passaggio, infatti, Moro è caduto in un crepaccio, volando per una ventina di metri, ed è stato miracolosamente salvato da Tamara che, con la forza della disperazione e sopportando dolori lancinanti, è riuscita a tenere la corda a cui era appeso il compagno di spedizione. Quanto sia stata drammatica la situazione, lo racconta lo stesso Moro sul suo profilo Facebook.

«Tutto è bene quel che finisce bene – scrive l’alpinista – . Senza stare a girare troppo attorno al concetto, ieri siamo arrivati veramente a un soffio da un epilogo tragico e funesto sia per me che per Tamara. Eravamo intenzionati a passare due notti sulla montagna, raggiungere campo 1, dormire lì e il giorno dopo dirigerci verso campo 2. Eravamo FINALMENTE fuori dalla cascata di ghiaccio, avevamo superato anche l’ultimo grosso crepaccio e procedevamo sul plateau sommitale. Sempre legati perché sapevamo che i crepacci erano sempre in agguato e antenne sempre dritte ma il morale alto e la soddisfazione di aver superato tutto il labirinto di ghiaccio grande. Ma la giornata non era finita e quello che ci aspettava terribile. Approcciando un crepaccio mi sono messo come sempre in posizione per assicurare Tamara che per prima lo ha attraversato e si è poi portata in zona di sicurezza, 20 metri oltre il crepaccio. Poi è venuto il mio turno e dopo una frazione di secondo, mi si è aperta una voragine sotto i piedi e sono precipitato. Tamara ha subìto uno strappo tanto violento che è letteralmente volata fino al bordo del crepaccio e io in caduta libera a testa in giù per 20 metri sbattendo schiena gambe e glutei sulle lame di ghiaccio sospese nel budello senza fine in cui continuavo a scendere. Largo non più di 50 cm, tutto buio. Sopra Tamara aveva la corda avvolta intorno alla mano e gliela stringeva come una morsa e le provocava dolori lancinanti e insensibilità. Io ero al buio e lei lentamente scivolava sul ciglio del crepaccio. Il tutto complicato dal fatto che lei aveva le racchette da neve ai piedi. Sono riuscito con una mano a mettere un primissimo precario ancoraggio e, pur sentendomi lentamente scendere verso l’abisso ho avuto la lucidità di prendere la vite da ghiaccio che avevo all’imbrago e fissarla nella parete liscia e dura del crepaccio. Quella vite ha fermato lo scivolamento mio e la probabile caduta nel crepaccio di Tamara. Da lì, senza entrare nei dettagli, ci siamo inventati il modo di uscire. Quasi due ore dopo. Contorsionismi e mille sforzi mi hanno permesso al buio e schiacciato tra due pareti larghe 50 cm. e risalire in piolet traction tutto il crepaccio. Tremolante e con mille contusioni ho abbracciato Tamara che piangeva anche dal dolore alla mano. Mentre salivo era riuscita ad organizzare una bella sosta di recupero e ad assicurarmi mentre scalavo i 20 interminabili metri di ghiaccio liscio. Siamo scesi al campo base che, già allertato e rassicurato via radio. Oggi ho organizzato l’evacuazione di trasportata con richiesta di accertamenti medici per entrambi. Oggi i dolori sono più forti e la mano di Tamara parzialmente insensibile e non utilizzabile.

L’impresa

Quella che stavano tentando di compiere i due alpinisti italiani è la prima traversata invernale di due Ottomila, con un tentativo di concatenamento tra Gasherbrum I (8.068 metri sul livello del mare) e Gasherbrum II 8.035 sul livello del mare), richiamando in qualche modo la traversata compiuta 35 anni fa da Reinold Messner assieme ad Hans Kammerlander. «Basandoci sulla nostra esperienza nelle invernali - ha raccontato Moro prima di partire -, divideremo realisticamente il progetto in due: tenteremo inizialmente la salita del Gasherbrum I, raggiunto per la prima volta in inverno il 9 marzo 2012 dagli alpinisti polacchi Adam Bielecki e Janusz Golab (salita mai più ripetuta). La seconda parte sarà l’ascesa del Gasherbrum II direttamente dal colle che separa le due cime».













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