Kompatscher ad Auschwitz: mai più 

Il dovere di ricordare. È il primo presidente altoatesino a visitare il campo di sterminio in Polonia: «Dobbiamo sempre ricordarci che  anche da noi ci furono complici e carnefici». Ha accompagnato i giovani del Treno della Memoria: «La loro presenza è un segnale di speranza»



Bolzano. È molto importante dal punto di vista simbolico e anche storico e politico la visita di ieri del governatore altoatesino Arno Kompatscher ad Auschwitz. Gli ebrei altoatesini furono i primi italiani ad essere deportati ad Auschwitz nel 1943, il lager di transito di Bolzano è stato per decenni un argomento tabù. Dalla zona industriale partivano i carri merci per i lager in Polonia, Germania a Austria. Auschwitz-Birkenau, Mauthausen (dovo sono stati uccisi sette operai bolzanini a guerra finita), Dachau e tutta quella rete di campi e micro campi che componevano la topografia del terrore e del razzismo hitleriano. Kompatscher ha fatto i conti con un passato rimosso a lungo in Alto Adige, che affondava le radici nel “peccato originale” di quella parte della popolazione che accolse i nazisti come “liberatori”, e che vide collaborazionisti pronti a denunciare gli ebrei (appropriandosi dei loro beni), i soldati italiani in rotta, gli oppositori politici, i dableiber che si rifiutavano di optare per la Germania. Per questo, dopo 75 anni, il gesto di ieri del governatore altoatesino, il primo “Landeshauptmann” a mettere piede ad Auschwitz, è straordinariamente importante. Nel segno di Mayr Nusser, di Franz Thaler, di Olimpia Carpi, che non aveva nemmeno 4 anni, della Comunità ebraica annientata, degli operai trucidati a Gusen. Di tutti gli altoatesini e sudtirolesi umiliati, deportati, uccisi, sterminati.

Ed è ancora più importante perché, nella visita, è stato accompagnato dai giovani del Treno della Memoria, partito da Bolzano lunedì scorso. «Visitare i campi di sterminio nazista - ha detto il presidente della Provincia e della Regione - è un'esperienza che ti segna profondamente, ma vedere che tanti ragazzi da tutta l'Euregio e dal resto d'Italia decidono di vivere un'esperienza così forte dà un forte segnale di speranza». Lo ha detto, Kompatscher, al termine di un'intensa giornata che lo ha visto visitare ieri mattina il campo di Auschwitz con un gruppo di giovani della val Pusteria e, nel pomeriggio, il campo di Birkenau con un gruppo di giovani trentini. «Camminare – afferma il presidente – su pietre intrise del dolore che qui è stato provato da centinaia di migliaia di esseri umani indifesi, privati della libertà e della dignità in quanto ebrei, sinti, omosessuali o semplici oppositori politici; vedere gli ambienti luogo della follia genocida, e farlo assieme ad un folto gruppo di giovani molto motivati, è un'esperienza che toglie il fiato e che dà ulteriore forza e convinzione nel portare avanti valori come la democrazia, la libertà, l'uguaglianza, la pace».

Una società del rispetto. A 75 anni dalla liberazione di Auschwitz il ricordo delle milioni di vittime della barbarie nazista, per il presidente Kompatscher “non può che spingerci a credere ancora più fermamente nei valori espressi dall'esistenza stessa dell'Unione europea, e a condannare con decisione le spinte nazionaliste che spuntano qua e là in Europa”. Parlando con i ragazzi altoatesini e trentini Kompatscher ha sottolineato l'importanza del viaggio. «State compiendo un percorso – ha detto - che vi rende testimoni e portatori di conoscenza di una delle pagine più buie dell'umanità. Con il ricordo di questa esperienza potrete essere a vostra volta testimoni, e ammonire quanti lungo il vostro cammino mostreranno di non rispettare i diritti fondamentali dell'uomo». Quanto all'Alto Adige, ha ricordato, «la nostra terra si è per molti anni ritratta unicamente come “terra delle vittime”, ma dobbiamo sempre ricordarci che anche da noi ci furono complici e carnefici». Proprio per questo, conclude Kompatscher, «dobbiamo fare nostro e difendere con forza il motto: mai più nazionalismo, mai più razzismo, mai più persecuzione». Un ringraziamento accorato, infine, il presidente lo ha rivolto agli organizzatori di Deina, ai tutor, ai volontari «che hanno deciso di investire le loro energie e il loro tempo per dare un contributo importante a questa fondamentale operazione di memoria collettiva».















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