L’Alpe di Siusi tra furti e scrocconi 

Fenomeno allarmante. Albergatori, ristoratori e noleggiatori d’attrezzature alle prese con episodi fino a poco tempo fa sconosciuti in zona Numerosi i colpi tentati negli appartamenti turistici vuoti, ma in molti mangiano nei rifugi e poi fuggono senza pagare oppure rubano gli sci 


Daniela Salvestroni


Bolzano. Con una battuta, si potrebbe dire che molti turisti hanno preso alla lettera la locuzione “mordi e fuggi”. Capita sempre più spesso, infatti, che chi frequenta i rifugi delle nostre montagne durante le lunghe giornate passate sugli sci, si riempia la pancia di specialità altoatesine e poi, approfittando della folla, si alzi e se ne vada alla chetichella, senza pagare il conto. E non solo. Stavolta, in particolare, l’allarme arriva dall’Alpe di Siusi, un paradiso dove, ormai da tempo, i furti sono all'ordine del giorno, soprattutto nel periodo delle vacanze natalizie e d’agosto, quando la località è piena di turisti.

Il fenomeno è iniziato circa un anno fa, con i ripetuti tentativi di furto in alberghi e appartamenti chiusi per ferie. È successo, giusto per fare due esempi, all’hotel Saltria e all’hotel Icarus. Un fenomeno che ha sconcertato tutti tra quanti lavorano e frequentano la zona, anche perché, fino a poco tempo fa, ci si poteva muovere in assoluta tranquillità e lasciare aperta la porta di casa.

Poi, hanno avuto inizio i problemi per i ristoratori, con i clienti che scappano senza aver pagato il conto. Proprio così. Sono gruppi di ragazzi, ma anche famiglie con figli piccoli al seguito. È capitato alla Huber Schwaige, dove sono anche stati rubati due paia di sci a una coppia di turisti, e alla Laurin Hutte. Ma succede soprattutto alla baita Sanon, dove i gestori hanno deciso di far pagare i clienti al momento dell’ordinazione. Il motivo è semplice: spesso chi mangia seduto ai tavoli più vicini alla pista, dopo aver pranzato, monta sugli sci e fugge senza pagare il conto. Ma c'è anche chi arriva a ruba all'interno del ristorante, perfino le giacche con il logo della baita, usate dai camerieri, forse per provare il brivido di collezionare illegalmente souvenir della località turistica o della struttura ricettiva.

Alla malga Gostner è stato rubato lo zaino dello chef mentre, alla fermata del bus di Saltria, è sparito il portafoglio di una ragazza italiana che l’aveva dimenticato sulla panchina, solo pochi istanti prima. È bastato un attimo di disattenzione e qualcuno lo ha fatto sparire. Per non parlare di cosa accade nei ristoranti più frequentati e nei negozi che affittano le attrezzature sportive. Lì, accade con sempre maggiore frequenza che spariscano gli sci. Non si contano più i casi di clienti che, dopo aver pranzato, tornano alla rastrelliera dove avevano lasciato gli sci e non li trovano più. C’è, insomma, chi tiene d’occhio le attrezzature più costose e le porta via non appena si presenta l’occasione. In qualche caso, i derubati hanno trovato, al posto della loro attrezzatura, degli sci vecchi e molto meno costosi. È chiaro che i ladri, fatti due calcoli veloci, abbiano deciso unilateralmente di procedere ad uno scambio. Discorso diverso per i noleggiatori che talvolta ritrovano gli sci a Selva: per questo, gli esercenti stanno creando una rete, così da essere in costante contatto tra loro per tenersi aggiornati sui ritrovamenti delle attrezzature “abbandonate”.

Da qualche tempo, nei grandi alberghi con la Spa, si è deciso di chiedere ai clienti una somma a titolo di deposito per garantire che accappatoi e asciugamani non spariscano, infilati dagli ospiti nelle valige al momento di lasciare la struttura. Un fenomeno assai diffuso che, però, sull’Alpe di Siusi, era sconosciuto fino a poco tempo fa.

Ristoratori e albergatori stanno mettendo le telecamere, ma devono fare i conti con le sacrosante regole che fissano numerosi paletti per garantire il rispetto della privacy degli ospity. Tutti, però, lamentano la scarsa presenza delle forze dell’ordine. O meglio, si lamentano gli orari con cui il personale in divisa si mostra. «Passano al mattino presto – spiegano gli operatori –, quando la gente è ancora poca, e poi non li vediamo più per il resto della giornata».













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