L’ingegnere diventa sacerdote: «La fede supera la scienza»

Ha lasciato una brillante carriera accademica a 38 anni Una scelta maturata con don Gimmi alla chiesa Tre Santi


di Fabio Zamboni


BOLZANO. Martedì si è laureato in teologia a Innsbruck, ma nel curriculum di Massimiliano de Franceschi questo titolo è solo uno dei tanti. Perché l'ingegnere che si farà prete non è uno qualsiasi: nato a Bolzano nel 1974, ha conseguito la maturità allo Scientifico Torricelli col massimo dei voti (che all'epoca era 60/60), iscrivendosi poi a Ingegneria aeronautica a Pisa, virando su Ingegneria ambientale a Trento, dove si è laureato, imboccando infine la carriera da ricercatore che l'ha portato a conseguire premi importanti anche negl i Usa.

Più che la laurea in teologia quello che gli ha cambiato la vita è stata, domenica scorsa, la consacrazione a diacono in vista di quella a sacerdote in programma fra un anno.

«Mi ricordo – racconta – che l'assessore che aveva premiato i sessanta-sessantesimi altoatesini ci aveva raccomandato: andate a studiare fuori ma poi tornate, riportate qui i vostri cervelli. E io l’ho ascoltato. Sin da bambino, la mia grande passione era il volo: non avendo potuto entrare all'Accademia per un difetto all'udito, ho scelto Ingegneria aeronautica, deviando poi su quella ambientale quando ho capito che una mia priorità era fare qualche cosa per la mia terra d'origine. Mi sono trasferito a Trento. E lì ho potuto specializzarmi nello studio del meteo: mi hanno proposto un dottorato di ricerca e ho studiato le turbolenze: con una ricerca sull'Ora del Garda ho vinto un premio negli Stati Uniti. I risultati dei miei lavori sono stati pubblicati su varie riviste scientifiche. E comunque l’amore per la mia terra mi ha portato a partecipare anche a studi sul mancato arrossamento del lago di Tovel. Del resto non potrei stare lontano dalle montagne. L'ultimo progetto in cui mi sono impegnato è stato uno studio sull'inquinamento atmosferico e acustico lungo gli assi di transito alpini».

Aeronautica, meteo, montagne: tutto proiettato verso l'alto. Fino a "vedere" Dio.

«Eh sì, quello è il mio percorso parallelo. Non c'è stata una "scintilla", ma molti momenti di sana inquietudine che mi hanno fatto considerare che sì, era tutto bello e tutto stimolante, e però c'è qualcos'altro. E da buon ricercatore mi sono messo a farmi le domande giuste e a cercarne le risposte. In questo percorso mi sono fatto accompagnare sia dal mio parroco, don Gimmi Baldo di Tre Santi, sia da amici della comunità dei Camaldolesi a Camaldoli e dai Gesuiti di Trento».

E ha trovato risposte chiare?

«Ho trovato la "mia" risposta: un bel giorno ho capito che la mia vita doveva virare verso il sacerdozio. Avevo 33 anni. Il cammino di discernimento, verso il seminario, è durato tre anni. Ho scelto il seminario di Bressanone e gli studi di teologia».

Sarà un luogo comune, ma scienza e fede sono in contrasto per loro stessa natura. O no? «Non sono d'accordo. Ci sono ambiti in cui possono dialogare bene, perché cercano nella realtà aspetti diversi di quella stessa realtà. Un conto è la scienza del mondo fisico, un altro è tutto quello che attiene alla parte spirituale dell'uomo, che sfugge alla misurazione scientifica. Nell'uomo ci sono entrambe le dimensioni. La fede può dare la motivazione allal ricerca: vedere il progetto di Dio per l'uomo mi porta ad affrontare gli studi scientifici per partecipare al miglioramento della vita umana».

Il percorso di fede ha un obiettivo, una sua “laurea”?

«Quello appena iniziato come diacono è un anno di piena formazione. Mi alterno fra la vita in seminario e quella nel decanato di Laives. Un'esperienza pratica, a verificare quello che si è studiato sui libri. L’unico obiettivo preciso? Diventare sacerdote, e continuare questo viaggio».

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