La boxe rinasce in città sui ring di Vito Mazzocchi

L’ex pugile ha già raccolto nella palestra in via Kuperion una trentina di allievi «Il nostro non è uno sport violento: è fatto di regole e aiuta a credere in se stessi»


di Simone Facchini


MERANO. Sì, guantoni e sudore rimangono la base. Così come la convinzione che sia uno sport che oltre al fisico forgia il carattere. Ma i tempi sono cambiati. La boxe, la “noble art”, da qualche mese a Merano ha una nuova palestra tutta sua e dedicata esclusivamente al pugilato. Merito di Vito Mazzocchi e del suo Thunders Boxing Club che in via Kuperion 30, presso il Meran Center, risiede in uno spazio dove trovano alloggio un ring e i sacchi.

Ex pugile, Mazzocchi, veneziano di origine e meranese d'adozione, s'è tuffato nell'avventura con Daniele Baio, pure lui un passato da boxeur. I due preparatori spiegano assieme il nuovo progetto che vanta già una trentina di iscritti fra i quali una manciata di donne, e sfatano alcuni luoghi comuni che circondano il loro sport: "La boxe è ben diversa da quella che si vede nei film. E pure rispetto a quella di una volta: nel tempo si è evoluta. Oggi premia la tecnica e la precisione più che la forza, antepone l'efficacia del colpo all'irruenza".

Punta di diamante del team è Jacopo Bianconcini, già campione italiano di kickboxing pro K1 della Fikbms, categoria -85.100 kg, e ora professionista della boxe. Si cimenterà in un incontro a fine febbraio a Venezia, nella stessa riunione parteciperanno alcuni dilettanti del club meranese.

Alle spalle delle prime linee crescono tanti giovani che spingono per sentire il gong di un match ufficiale, molti altri invece si cimentano con uno sport da combattimento per la prima volta. C'è anche chi solo pochi mesi fa ha cominciato a praticare attività fisica trovando nel pugilato il divertimento e la soddisfazione che cercava. "Ma la boxe non è un gioco - precisano i responsabili dei Thunders - bensì uno sport. Con delle regole alle quali attenersi". E si apre la pagina pedagogica di questa disciplina, che «vogliamo sia uno strumento per fornire consapevolezza e conoscenza di sé, che porti a credere in se stessi. Richiede grande concentrazione e insegna il rispetto dell'altro, dell'avversario sul ring e delle persone nella vita”.

Autostima, valori, applicazione, preparazione fisica e dunque cura del corpo, capacità di autodifesa: un pacchetto di corredi con cui Mazzocchi e Baio affrontano il tabù di uno sport che può essere ritenuto inadatto ai più giovani, "e invece per quanto abbiamo illustrato così non è, oltre tutto perché, sul piano del contatto fisico, i giovani e gli amatori sono garantiti da tutele come i caschetti e i guantoni antishock", ovvero dotati di particolari imbottiture che consentono di assorbire parte dell'urto del colpo. Dunque agonisti e amatori, donne e uomini, ma anche bambini e ragazzi dai dieci anni vengono accolti in palestra. Dove Vito Mazzocchi torna indietro nel tempo, a quando a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta in dieci anni di carriera disputò cento match da dilettante prima di una parentesi da professionista, convocato più volte in nazionale da Franco Falcinelli, all'epoca istruttore e oggi vicepresidente dell'Aiba, l'associazione internazionale sotto la quale ricadono l'organizzazione delle Olimpiadi e dei Mondiali dilettanti. E intanto si riannoda un filo con la Merano pugilistica d'antan, di quando i guantoni li indossavano i vari Merlo, Tiozzo, Giovannini.













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