La Corte dei conti assolve Badalotti di “Casa bimbo” 

Era accusata di aver falsificato documenti per ottenere più contributi pubblici I giudici hanno anche revocato il sequestro conservativo della casa della donna



BOLZANO. «È la fine di un incubo. O almeno di una parte di esso, perché ora mi aspetta la battaglia sul fronte penale. Una battaglia che voglio portare fino in fondo per dimostrare definitivamente la mia innocenza rispetto alle accuse che mi sono state mosse». Poche le parole, tanta la soddisfazione di Stefania Badalotti, presidente della cooperativa “Casa Bimbo tagesmutter” assolta dalla Corte dei conti dall’accusa di aver falsificato la documentazione sulle ore lavorate al fine di incassare più contributi. La Procura della Corte dei conti si era mossa sulla base della denuncia di un’ex collaboratrice, che aveva raccontato d’essere stata costretta a falsificare la documentazione relativa alla presenza dei bambini assistiti, incrementando cioè il numero delle ore di servizio prestate, al fine di incassare più contributi pubblici (erogati dall’Assb) rispetto al dovuto. A fronte di una simile accusa, la Procura aveva calcolato un presunto danno erariale di 67 mila euro, disponendo il sequestro conservativo dell’abitazione della donna. Tutto sarebbe avvenuto nel 2013, ma Badalotti, assistita dall’avvocato Juri Andriollo, aveva sempre respinto le accuse. «L’accusa alla signora Badalotti — aveva più volte ribadito il legale — si basa solo sulle dichiarazioni della querelante e su alcuni documenti forniti dalla stessa, ma che non sono originali e la cui provenienza non è chiara. I documenti originali, infatti, non ci sono più, visto che sono spariti dalla sede nel corso di un furto. Non c’è stato quindi da parte degli inquirenti alcun accertamento documentale, ma hanno preso per buono ciò che è stato dichiarato dalla querelante». E la Corte dei conti, qualche giorno fa, ha accolto in pieno le argomentazioni della difesa di Badalotti, assolvendola e disponendo anche la revoca del sequestro conservativo dell’abitazione in cui la donna vive. «La soddisfazione è grande – prosegue Badalotti – perché la Corte dei conti ha giustamente stabilito che non c’è stato alcun dolo da parte mia. E ora spero che chi prima ha accusato me e poi, invece, s’è autoaccusato venga chiamato a rispondere delle sue azioni». Un’assoluzione che certo rappresenta un pronunciamento di cui i giudici penali non potranno non tener conto. «Spero proprio di sì – continua Badalotti – anche perché, anche se non c’è stata ancora l’udienza preliminare, l’idea mia, dei miei legali, di Casa Bimbo e degli avvocati di Casa Bimbo è quella di andare fino in fondo, di andare fino a sentenza. Perché non esiste una prova a sostegno delle accuse che mi vengono mosse. Solo le testimonianze di chi mi accusa». In questa vicenda cosa l’ha colpita di più? «La mia maggiore preoccupazione – conclude – era rivolta all’immagine della cooperativa perché Casa Bimbo è stata infangata ingiustamente. Benché nessuno degli attori con cui lavoriamo, e parlo della Provincia e dei 23 Comuni in cui abbiamo altrettante microstrutture, ha storto nemmeno un sopracciglio. Certo, mi sono state chieste spiegazioni, ma la fiducia nella cooperativa è sempre stata totale. E questo è stato importante. Ma la cosa che più mi ha fatto piacere è stato il comportamento delle socie quando io, per paura che la cooperativa potesse subire un colpo terribile, ho presentato le mie dimissioni, ma loro non le hanno accolte. Un grande attestato di stima che non era affatto scontato. Ecco perché per tutte noi questa sentenza è un bel riconoscimento».

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