La droga della camorra nelle scuole 

L’inchiesta. Maxi-operazione della Guardia di Finanza. In regione 25 persone denunciate per spaccio e traffico di stupefacenti Agivano tra parchi e istituti scolastici. Sequestrata oltre una tonnellata di hashish. Ricercato un narcotrafficante residente a Trento


Valentina Leone


Trento. Trafficavano e rivendevano droga, soprattutto hashish e cocaina, potendo contare su una rete vasta e ramificata, al cui vertice c’era un personaggio ritenuto dagli investigatori assolutamente di spicco: un affiliato del potente clan camorristico Gionta, che dalla sua casa popolare occupata, a Torre Annunziata, teneva le fila del traffico di stupefacenti, facendoli arrivare anche in Trentino Alto Adige.

L’indagine

Questo uno degli aspetti salienti dell’operazione Carthago, presentata ieri a Trento dal Procuratore Sandro Raimondi e dal comandante provinciale della Guardia di Finanza di Trento Mario Palumbo: un’indagine che ha inferto un duro colpo ai canali di approvvigionamento della regione e che è durata due anni e mezzo, coordinata dalla Dda di Trento, nella persona del sostituto procuratore Davide Ognibene. Le manette sono scattate per 15 persone, mentre sono 73 in totale gli indagati. Quattro i soggetti ancora ricercati. Sotto sequestro oltre una tonnellata di hashish, 2 chilogrammi di cocaina, 5 automezzi utilizzati per il trasporto della droga e 20.000 euro in contanti. Valore complessivo sul mercato della droga sequestrata: 70 milioni di euro. Parchi, scuole, luoghi ad alta frequentazione di minori e giovani in generale, nel capoluogo trentino e a Bolzano: da lì sono partiti gli uomini e le donne del Gico della Guardia di Finanza di Trento, che lavorando sui “terminali” della lunga filiera della droga sono arrivati a sgominare una rete transnazionale - dalla Spagna all’Olanda, fino alla Svizzera - lambendone i vertici, con in prima linea camorra e quarta mafia foggiana.

Il traffico locale

Dalle prime luci dell’alba di ieri sono scattate manette e perquisizioni: per il Trentino Alto Adige sono scattate 25 denunce a piede libero. Cinque le persone indagate a Bolzano e provincia, 20 per il Trentino, dove sono state effettuate anche alcune perquisizioni, in particolare a Cavalese, San Michele all’Adige e nella zona di Nave San Felice e Zambana. Si tratta principalmente di cittadini di origine straniera, che gravitavano nelle due province, ma nell’elenco dei denunciati compaiono anche sette cittadini italiani, nello specifico sei residenti in Trentino - tra Trento, Cavalese, e la Rotaliana - e uno residente a Bolzano. C’è poi un ulteriore soggetto, un nordafricano che risultava residente a Trento, che è nella rosa dei quattro soggetti ancora ricercati e che probabilmente ha cercato di far perdere le sue tracce spostandosi all’estero. In regione l’attività ha fruttato il sequestro di un chilo di cocaina, sette chili di hashish e piccoli quantitativi di metadone, eroina e marijuana.

Le persone indagate sono persone di età molto diverse, dal 1965 al 1991, che grazie all’attività di spaccio, in molti casi, mantenevano l’intera famiglia.

L’origine

Le radici dell’indagine affondano in un sequestro di stupefacenti del marzo 2016, effettuato nei confronti di un gruppo di pusher maghrebini attivi in Trentino Alto Adige. Da lì, le unità speciali antidroga del Gico (Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata) in forza al Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Trento, guidata dal colonnello Francesco Sodano, hanno fatto partire le indagini, su impulso della Dda di Trento.

Un’attività transanzionale, viste le ramificazioni della rete criminale in Spagna, Olanda, Svizzera e Marocco, portata avanti grazie allo Scico di Roma e alla Direzione Centrale per i Servizi antidroga del Ministero dell’Interno. Sono stati così individuati due sodalizi criminali composti prevalentemente da soggetti di origine nordafricana e italiani, stabilmente radicati in Trentino Alto Adige, Lombardia, Basilicata, Campania e Puglia. Il primo sodalizio, attivo soprattutto nel nord Italia, si approvvigionava in Spagna e Svizzera di hashish e cocaina e riforniva periodicamente i mercati di Trento e Bolzano: piazze appetibili, anche perché ritenute ancora territori vergini rispetto alla presenza di altre organizzazioni. Lo stupefacente veniva poi venduto “al dettaglio” davanti a scuole, parchi e, in inverno, in note località sciistiche. Il secondo sodalizio, invece, era localizzato in Basilicata e Puglia, ed era composto da esponenti della malavita di Cerignola, che agiva in accordo con esponenti del clan camorristico Gionta, di Torre Annunziata: dal Marocco e dalla Spagna venivano fatti arrivare carichi di cocaina e hashish, principalmente via nave e fino alla Campania. La droga poi transitava in Basilicata e da lì veniva convogliata - occultata, spesso, su tir verso il nord Italia, Trento compresa. Mercato, quest’ultimo, del quale si prendeva cura uno dei principali esponenti dell’organizzazione, un quarantenne che risulta affiliato al clan Gionta. L’uomo occupava una casa popolare con arredi di lusso e rubinetti d’oro in bagno. Possedeva otto carte di credito, sequestrati due orologi di grande valore.

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