La fiera delle scarpe e dei vestiti ecologici

Successo per «Ekotex», allestita nel parco dei Cappuccini e organizzata da Skonsumo



BOLZANO. Alle otto di mattina di domenica nel parco dei Cappuccini è già un brulicare di volontari, furgoncini, gazebo, panche che vengono montate e allestite sul prato. L'occasione è la Ekotex, la fiera del tessile ecologico che ha fatto tappa anche a Egna e Merano, dove 15 produttori di vestiti e scarpe e consumatori si sono dati appuntamento. «Qui si ha la possibilità di parlare e confrontarsi con chi produce un jeans o un paio di scarpe», afferma Roberto De Felice dell'associazione Skonsumo che ha curato l'evento. «Il settore del tessile, così importante per la nostra economia nazionale, contava fino a qualche anno fa tantissime manifatture artigianali che via via sono andate scomparendo a causa anche della ricerca di un costo sempre inferiore da parte dell'industria e del consumatore, che spesso non vede quello che si nasconde oltre il prezzo».

Si potrebbe obiettare che ecologico va bene, ma perché comprare un vestito a 80 euro quando in una grande catena posso trovarlo a 10?

Continua Roberto: «Se un prodotto costa poco, vale anche poco, oltre al fatto che per produrre così a basso costo si svaluta il mercato del lavoro, si delocalizza lì dove il lavoratore costa meno». «Produrre italiano, con materie prime di qualità a un prezzo accettabile è possibile, basta accorciare la filiera», a parlare è Gigi Perinello, commerciante di scarpe.

Il suo slogan è “ragioniamo con i piedi”, che a prima vista sembrerebbe un controsenso e invece un senso ce l'ha. Le scarpe, come gli altri indumenti, sono a contatto con la nostra pelle e spesso per la conciatura e le tinture vengono usati agenti chimici come il cromo trivalente, potenzialmente cancerogeno. Le pelli delle sue scarpe, invece, sono conciate con la corteccia, come una volta. Ma non è solo una questione di salute. Susy di “Baciditrama” produce vestiti in cotone organico e canapa biologica. In passato ha lavorato per grandi firme e viaggiava spesso nei luoghi di produzione: Cina e India.

«Lì i lavoratori vivono con la loro famiglia in celle di due metri per due dietro alle fabbriche, lavorano a ciclo continuo anche di notte e senza giorni festivi per pochi soldi, in condizioni nocive per la salute».

«A chi conviene davvero questa corsa al ribasso?», si chiede Gigi.

«I grandi marchi gestiscono l'ottanta percento del guadagno, ci spacciano emozioni, ma non ci dicono come vengono fatti i loro prodotti, e a pagare le conseguenze di un atteggiamento spesso irresponsabile nei confronti dell'ambiente e delle persone siamo comunque noi».(a.b)

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