«La legge anti-cyberbulli l’ho voluta per Carolina» 

La senatrice Ferrara: «Era mia alunna alle Medie, si è uccisa a 14 anni Non ha retto agli insulti, dopo quel video messo su Facebook da dei coetanei»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Sono passati cinque anni da allora, ma ancora oggi mi capita spesso di ripensare a Carolina, la ragazzina bella e simpatica alla quale insegnavo musica alle Medie. Aveva 14 anni, abitava nella zona di Novara e frequentava la prima superiore; io ero impegnata nella campagna elettorale, quando la notte del 5 gennaio del 2013 ha deciso di farla finita, gettandosi dalla finestra della sua cameretta. Non aveva retto davanti alla valanga di insulti seguiti al video postato su facebook, solo pochi giorni prima, da un gruppetto di coetanei». Così la senatrice Elena Ferrara - ieri in occasione del convegno organizzato dal Centro per la pace alla Kolping sul tema “Stop bullismo e cyberbullismo”, al quale hanno partecipato anche Vincenzo Gullotta, ispettore per l’inclusione dell’Intendenza scolastica, Alice Panicciari, psicologa scolastica, Michele Piccolin, psicologo forense - ha spiegato perché, una volta eletta in parlamento nel febbraio di quell’anno, si è fatta promotrice, diventando prima firmataria, della legge “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” approvata a maggio dello scorso anno. «L’ho fatto per Carolina e per evitare che bullismo e cyberbullismo - ha detto la senatrice - facciano altre vittime».

I cyberbulli che usavano la rete per perseguitarla e umiliarla erano suoi coetanei: la Procura ne ha individuati cinque per i quali è stato disposto l’affidamento ai servizi sociali in prova da un minimo di 15 ad un massimo di 27 mesi.

Forse non si erano neppure resi conto che pubblicando su facebook quel video, che ritraeva Carolina ad una festa ubriaca e in loro balìa, l’avrebbero umiliata, anche perché il suo profilo si era riempito immediatamente di insulti. Troppo per quella ragazzina ancora fragile. Il suo ultimo messaggio era stato: “Le parole fanno più male delle botte”. Da lì la spinta a lavorare in Parlamento ad una legge sul cyberbullismo.

«Il percorso - ha spiegato la senatrice - è stato lungo e complesso: ci sono voluti quattro anni, ma adesso c’è una legge che è uno strumento, pensato proprio per i ragazzi dai 14 anni in su. Perché si difendano e segnalino abusi, contrastando così il fenomeno amplificatore della rete e l’illusione dell’anonimato dietro il quale si nascondono i bulli ma anche lo stesso branco. Alle vittime di cyberbullismo viene ora riconosciuto il diritto di chiedere la rimozione di video e foto dalla rete. Per i casi meno gravi e in assenza di denuncia, è previsto l’ammonimento del bullo da parte del questore, una cosa simile è già applicata agli stalker».

Ma la legge Ferrara punta soprattutto a prevenire il fenomeno, prevedendo la designazione, in ogni istituto scolastico, di un docente referente in materia che dovrà interagire con le Forze di polizia, con i centri di aggregazione giovanile e le associazioni presenti sul territorio; il legislatore responsabilizza inoltre il dirigente della scuola che, a conoscenza di fatti di cyberbullismo scolastico, dovrà attivarsi subito, tranne che costituiscano reato, per informare i genitori dei minori coinvolti e intraprendere uno specifico percorso educativo.

«Noi - ha spiegato Gullotta, ispettore per l’inclusione dell’Intendenza scolastica - lavoriamo proprio sulla prevenzione, con iniziative periodiche all’interno di tutte le scuole altoatesine - dalla Materna alle Superiori - per spiegare opportunità e rischi della rete. Quest’anno organizzeremo il Festival di cyberbullismo, per far riflettere giovani e genitori su un fenomeno preoccupante».

Si parte dalla scuola materna, perché ci sono già casi di baby-bullismo tra bimbi dai 3 ai 5 anni? «No, però è importante partire presto, perché oggi i bambini cominciano sempre prima a maneggiare lo smartphone. Vanno educati i piccoli, coinvolgendo i genitori, perché sono il primo modello che loro imitano. Capita che anche gli adulti spesso non si rendano conto delle insidie che si nascondono all’interno della rete».













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