La tendopoli sotto il viadotto In 35 dormono al freddo 

In viale Trento. Papadam Diop documenta la situazione di bisogno di chi non ha una casa e riceve il suo aiuto Carla Leverato: «C’è il benessere, smettiamola di girare la testa dall’altra parte. Potrebbero essere i nostri figli o nipoti»



Bolzano. «Non è che lo faccio perché “sono brava”. Lo faccio perché ho il senso della giustizia. Ieri un ragazzo è riuscito perfino a sorridere. Mi ha detto “Ciao, mamma”, così, una frase che mi ha riempita di affetto». Carla Leverato, 87 anni e un entusiasmo che non ha età, l’altro pomeriggio ha accompagnato Papadam Diop e la pediatra Lucia Pappalardo nella consueta distribuzione dei beni di prima necessità a chi non ha una casa, sotto il viadotto dell’autostrada attaccato a ponte Roma. «Vorrei dire una cosa. Io la miseria l’ho conosciuta, durante la guerra. Bolzanini, voi siete ricchi: guardateli in faccia, questi ragazzi. Potrebbero essere i vostri figli, i vostri nipoti. Portiamo loro un po’ di luce, di stima, di dignità».

Da Papadam Diop arrivano le immagini che documentano la situazione sotto il viadotto. «Sabato ci saranno state 30, 35 persone sicure, più forse altre che non si sono fatte vedere, per timidezza o per timore. È stato aperto l’ex Alimarket, si vedrà quanti si trasferiranno lì. Ad ogni modo sto organizzando la raccolta per sabato 19: mercoledì saprò con certezza il punto di distribuzione». Come contribuire? Si può contattare Diop, oppure Federica Franchi di Bozen Solidale (ad esempio con un messaggio alla pagina Facebook), e donare sacchi a pelo, coperte, indumenti, scarpe. Pannoloni per anziani, assorbenti per le donne. Mascherine, cerotti, disinfettante, detergenti, dentifricio e spazzolino, alimenti secchi come i biscotti, sempre preziosi. Tutto serve, ogni cosa è benaccetta. Dopo una giornata divisa tra la gioia dell’incontro e la consapevolezza che nonostante il benessere si fa ancora troppo poco Leverato è indignata: «Parlare di degrado fa comodo a chi vuol fare i soldi». O invisibili o responsabili di “degrado”, è l’aut aut riservato a chi sta oltre il margine.

«Ognuno faccia quello che può, nel suo piccolo – esorta Leverato – con chi vive come quei ragazzi o coi propri vicini di casa. Ma non con la compassione, intendo proprio con gesti concreti, dalla donazione al sorriso, alla parola gentile». Leverato milita nel volontariato da quarant’anni, da trenta in Ariadne, da quindici nel servizio hospice della Caritas. L’ultima che si è inventata è un gruppo di autoaiuto che ora è costretto a incontrarsi online, “La sfida dei cambiamenti e l’arte di ricominciare”. Un vulcano. «Volevo tanto andare nelle case di riposo a dare da mangiare ai pazienti, però siccome ho i miei anni non me l’hanno lasciato fare. E allora “mi vendico” e trovo altri modi per essere d’aiuto». Lo dice con la voce cristallina e sincera di chi riempie di significato parole usate così tanto da essere ormai anche un po’ lise. «Essere riconoscenti, questa è la vita. Che non vuol dire “ricambiare”, bensì accorgersi di ogni cosa e dire “grazie”. Quest’anno poi, senza turisti in giro, possiamo avere un Natale vero. Il Natale non è lo spreco, non è l’inquinamento. È la rinascita, la speranza, il coraggio». S.M.













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