La Thaler e il cambio di mentalità

di Sergio Baraldi


Sergio Baraldi


L’intervista che l’on. Helga Thaler ha rilasciato all’Alto Adige è una delle riflessioni più importanti che siano state pubblicate negli ultimi mesi. L’on. Thaler è partita dal federalismo per indicare una prospettiva che pochi, finora, avevano delineato con tanta chiarezza: il sistema Alto Adige deve cambiare, deve avviare un profondo ripensamento. Il nostro bravo giornalista Mirco Marchiodi, rendendosi conto del peso degli argomenti dell’on. Thaler ha ritenuto di dovere sottolineare il termine tedesco che la deputata utilizzava: “Umbruch”, che significa rottura ma, insieme, ripartenza. E ha fatto bene. Perché lo scenario che la Thaler propone somiglia molto all’idea di Grande Riforma per l’Alto Adige del 2020 che il nostro giornale sostiene da tempo. Se un’osservazione si può fare alla deputata, è che non c’è bisogno di attendere il federalismo per avviare il mutamento. Anche perché non siamo del tutto certi che il governo Berlusconi, dopo i ballottaggi di oggi, abbia la forza politica per procedere su quella strada. Lo scenario europeo e internazionale disegna la sfida che la Thaler, giustamente, mette in risalto. Il federalismo, se mai scattasse, rafforzerebbe una tendenza già in atto. E qual è questa tendenza? Quella che tutti gli stati stanno avviando un’azione per garantire la sostenibilità dei conti pubblici messa a dura prova dalla crisi.
Anche perché i disavanzi esplosi in alcuni paesi e i problemi degli altri rischiano di avere un riflesso negativo sulla ripresa leggera che sembra in atto e che, invece, ha bisogno di irrobustirsi. Inoltre, lo squilibrio dei conti pubblici potrebbe riservare delle sorprese sia sul lato dell’inflazione sia sui tassi a lungo termine. Non è certo un segreto il fatto che in alcuni paesi i premi sui rischi del debito sovrano (vale a dire i tassi dei titoli pubblici) sono molto elevati e possono avere un effetto negativo sull’andamento dei mercati finanziari. E’ un circuito in cui tutto è interdipendente, ma in una fase dominata dall’incertezza, la salute dei conti pubblici è al centro dell’attenzione, dopo che l’onda d’urto della crisi in qualche modo è stata arginata. I paesi europei, ma anche gli Usa, devono varare politiche di bilancio finalizzate a contenere i deficit e ridurre il debito. Solo per l’Italia, secondo i calcoli della Corte dei Conti, sarà necessaria una correzione di oltre 40 miliardi di euro. Esistono ipotesi più benevole, ma resta che l’imperativo categorico sarà, ancora, tagliare i costi. Se a questo quadro, che l’on. Thaler conosce bene, dovesse aggiungersi il federalismo con la responsabilizzazione delle istituzioni locali, si capisce quale cambiamento l’Alto Adige deve prepararsi ad affrontare. E si capisce perché il nostro giornale insiste, da mesi, perché i partiti e le parti sociali, diventino protagonisti di un dibattito sulla Grande Riforma che, volenti o nolenti, dovremo attuare. Molte cose dovranno cambiare, ma la cosa più difficile sarà cambiare la mentalità e la cultura del territorio e della politica che la governa. Siamo pronti a farlo? Ci sono segnali positivi e negativi. L’uscita chiara e motivata della Thaler è un atto positivo, perché contribuisce a creare nell’opinione pubblica la consapevolezza di quello che ci attende. La recente decisione di Durnwalder di tagliare del 5 per cento i dipendenti pubblici (più del previsto) è un altro atto che va nella direzione giusta. Il progetto messo a punto dal mondo imprenditoriale, dalla Camera di Commercio di Ebner e dall’associazione industriali del presidente Pan, ha aperto la strada a questo tema che, oggi, è la questione fondamentale che deciderà dei prossimi anni. Anche perché il cambiamento è necessario per un’altra ragione: l’Alto Adige deve avviare un processo di modernizzazione profondo per consentire al suo sistema economico di evolvere e competere sui mercati internazionali. Occorrerà cambiare l’ordine delle priorità. Si dovrà ridisegnare il confine tra pubblico e mercato che, in questo territorio è sbilanciato verso il pubblico. Si dovrà aprire alla concorrenza. Sarà necessario ragionare sul fatto che l’occupazione, in futuro, sarà assicurata più dal settore privato che dal tradizionale posto pubblico. Dovranno cambiare gli asset sui quali investire risorse, che sono l’innovazione, la ricerca, e il sistema dell’istruzione (plurilinguismo in testa) oltre alle infrastrutture. Il sistema è chiamato a compiere un salto verso la qualità. La modernizzazione dell’Alto Adige diventerà la struttura-hardware su cui poggiare l’ammodernamento dell’Autonomia con uno Statuto-software che riconosca più spazio ai diritti, che favorisca l’integrazione più che la separazione nella stessa terra, che offra opportunità agli individui piuttosto che ai gruppi etnici. Economia e diritto dovranno camminare insieme con la guida della politica. E’ questa visione che sostanzia la Grande Riforma per il 2020 che rappresenta l’interesse generale della società, qualunque lingua parli. Oggi le condizioni ci consentono di progettare il futuro con relativa tranquillità e ridurre i sacrifici. Se si perde l’occasione e il tempo passa, governare processi così complessi diventerà più duro e costoso. Da questo punto di vista, l’Alto Adige deve riconoscere il fatto che l’Europa e il mondo ci cambieranno anche contro la nostra volontà. La scelta consiste nel decidere se subire le trasformazioni suscitate dalla modernità, oppure se negoziare, venire a patti, riuscire a preservare una prospettiva altoatesina dentro quella nazionale ed europea. Se cioè la connessione con lo sviluppo globale avverrà o no a danno della nuova identità che insieme dovremo costruire. L’ostacolo maggiore, a mio avviso, sta proprio nel cambio di cultura della società e soprattutto della rappresentanza politica. Non a caso la Thaler (che conosce i suoi interlocutori) ha spiegato che oggi il buon sindaco è quello che ottiene più soldi dalla Provincia; domani in un quadro di risorse limitate sarà colui che offrirà di più ai cittadini con meno. Qui siamo abituati alla Provincia Babbo Natale, ma il sistema dovrà riconvertirsi se vorrà (e dovrà) difendere il benessere. Che cosa significa tutto questo? Che il pubblico dovrà sottoporsi alla medesima ristrutturazione alla quale si sono sottoposte le imprese: efficienza, efficacia, produttività, capacità strategica, procedure e controlli più semplici e meno onerosi. La Provincia dovrà amministrare più competenze con meno personale, lo stesso dovranno fare i comuni. Ha ragione la Thaler: è davvero Umbruch, che forse noi potremmo tradurre liberamente come rivoluzione. Amministrativa, economica, ma anche dei diritti. E politica. I rischi non mancano e qualcuno, a mio avviso, l’on. Thaler lo sottovaluta. Il federalismo rischia di aumentare le tasse. Sul piano teorico è vero che i cittadini possono sanzionare gli amministratori che sono ricorsi senza giusti motivi alla tassa di scopo. Ma questo avverrà gradualmente. Nel breve periodo, l’esperienza delle multe o delle tariffe ci insegna che i comuni sono spesso prigionieri di strutture burocratiche che resistono al cambiamento, e scaricano sui cittadini gli aumenti. Lo fanno già oggi quasi ovunque, facendo pagare alla gente la loro inefficienza. Concedere a sindaci poco abituati a gestire in modo nuovo i loro bilanci e le loro organizzazioni la possibilità di saltare i problemi mettendo una tassa, è come dare un piccone a uno Schütze per abbattere il bassorilievo del duce. Non possiamo sorprenderci se lo butterà giù. La politica diventerà l’arte di gestire i bilanci e, se necessario, di saper essere impopolari. Vorrei fare l’esempio della sanità. L’assessore Theiner è una brava persona impegnata su un fronte che definire caldo è poco. Ma se l’on. Thaler ha ragione (e ce l’ha), è chiaro che Theiner sta cercando di varare una riforma che non è una vera riforma: razionalizza dei costi, ma si guarda bene dall’aggredire il centro di spesa più importante, cioè i sei ospedali periferici collocati in aree elettoralmente strategiche per la Svp. Inoltre, se nasce, il federalismo nasce con il consenso di regioni e comuni che hanno partecipato alla discussione e avanzato proposte. Theiner rischia di fare la riforma della sanità senza i medici e gli infermieri, cioè i soggetti fondamentali del settore. Theiner è uno dei candidati a cambiare mentalità, se vorrà fare una vera riforma. Glielo spiega la sua deputata. Qui arriviamo al punto: il discorso dell’on. Thaler dovrebbe entrare nei programmi di governo di qualunque forza abbia a cuore gli interessi della nostra società. Ma il primo partito che dovrebbe adottarlo è il suo: la Svp. Lo farà? Quando Durnwalder rientrerà dalla «spedizione etnica» nella quale sembra impegnato, potrebbe dare risposte che saranno certamente apprezzate. C’è da attendersi che anche il sindaco Spagnolli faccia i compiti dopo aver letto la Thaler e, già da oggi domenica, si metta alacremente al lavoro per riformare il Comune. C’è da augurarsi che la politica italiana intervenga con delle proposte. Il Pd aveva tratteggiato un progetto, vuole precisarlo e definirlo? Il Pdl può dirci, prima di esplodere, quali sono le sue idee? Tutti dovranno rinunciare a qualcosa e rimettersi in discussione. Ma questa sfida la comunità non può perderla.

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