Luisa Gnecchi sviene in Aula: «Stress da Pd»

Colpita da un malore durante i lavori: «È stato un piccolo collasso, ora sto bene. Non mollo»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Come sta onorevole? «Starei meglio se il mio Pd avesse meno problemi. Dico il mio, quello di Bolzano. Non mi fa dormire la notte ...». Riecco Luisa dei miracoli. Non molla di un millimetro. La sua testa, il suo cuore è sempre lì, in piazza Domenicani, sede dem senza una lira. Lo è anche dopo una giornata drammatica. «L'onorevole Gnecchi è svenuta, presto, un medico» hanno gridato tutti quelli intorno a lei, alla Camera. Tarda mattinata, un malore improvviso. Il vicepresidente dell'aula Roberto Giachetti sospende la seduta e fa intervenire i sanitari. La parlamentare viene portata fuori. Poco dopo in aula si leva un applauso. Un augurio a riprendersi al più presto. E adesso onorevole, come sta? «Adesso sto bene. Sono qui. Un po' sbattuta ma bene...». Cos’è stato, lo stress? «Quello mi perseguita. E poi, da quando il mio partito è ridotto in questo modo, che dire, mi va sempre peggio». La Gnecchi è così. E lo è anche adesso dopo tutto quello che è accaduto, e cioè testa che gira, sguardo annebbiato e poi giù, per terra, come un sacco. In mezzo ai lavori della Camera, le commissioni, le telefonate. Giù, senza più vedere niente. Ma "la Luisa" è sempre stata tutt'uno con le cose che faceva. Nessuna differenza tra vita pubblica e privata, nessun confine tra passione politica e problemi personali. Anche la malattia, dura, pesante come un macigno, che combatte tutti i giorni da anni, niente, non è servita a tracciare quel confine. Non ha mai pensato neppure per un minuto di mettersi un poco a pensare a se stessa, alle cose che le accadevano finite le sedute, chiusi i giornali, terminato di leggere l'ultima bozza di una legge. E quindi, nessuno stupore che anche ieri Luisa Gnecchi avesse la testa sempre lì, alla politica, alla sua vita vera, piuttosto che ai referti medici, ai tracciati del suo elettrocardiogramma . Uno sguardo al medico, un cenno di intesa, «tutto ok, adesso», e poi sempre dentro le sue cose.

Come va?

Meglio. Ma ancor meglio se non avessi tutta questa amarezza...

Ma è svenuta...

Beh, e allora? È stato un mancamento. Ora è passato.

Amarezza per cosa?

Il mio Pd. Non sopporto che sia ridotto a lasciare tutto perché nessuno tira fuori niente per salvare la sede.

Ma adesso dovrebbe andare meglio...

Certo, ci ho messo trentamila euro. Ho aspettato un po', giusto per capire se qualcuno si faceva avanti, se non ero solo io a fare il passo... E invece nulla, tutti fermi.

Ha chiamato gli amici?

No, sono cose, queste, che ognuno deve decidere da solo. Insomma: ci cacciano e nessuno si muove? Avrebbe dovuto avvenire il finimondo, collette, appelli... Ma dico: uno di quelli che ha in mano la maggioranza si prende 90 mila euro l'anno solo con uno dei suoi stipendi. Non sto qui a dire degli altri emolumenti e non offre niente, neanche un euro...

Invece?

Tutti zitti. E poi leggo sui giornali che c'è chi dice , ci sono anch'io... Adesso? E poi chi vuole usare quei soldi per pagare altre cose. Insomma, ho il cuore a pezzi. È il mio Pd.

È o era?

Non so che dire. Non vedo altra casa. Io ho sempre creduto nella sinistra, in una idea di mondo. Ma fuori dal Pd...

Quindi non è che lei pensa di uscire?

A fare cosa? Non ci sono progetti unitari, neppure i numeri per pensarli. No, sto qui.

Come Bersani: devono cacciarmi, dice...

Come Bersani. Anche se nessuno ha ancora pensato di cacciarmi. O almeno, nessuno lo ha ancora detto . Poi magari c'è chi lo spera.

Decisa a non ricandidarsi più?

Decisa.

Colpa anche di qualche guaio fisico?

No, quelli non mi fanno paura. È il resto.

Sempre il resto...

È la mia vita. Insomma, io voglio restare. Combattere per far recuperare almeno un poco di quel l'anima di sinistra che dovrebbe essere uno dei centri del Pd.

Il partito ne ha bisogno?

Non si può resistere con una sola anima. Che poi si vuol prendere tutto.

E il cuore, come va? Quello fisico?

Insomma, va.

Lei non ha fatto mistero di aver dovuto affrontare duri percorsi di malattia, chemio, medicine...

Si è stata una esperienza complicata.

E come ne è uscita?

Lottando.

E dopo, come ci si sente?

Come chi ha avuto a che fare con la chemioterapia. Non è una bella cosa. Ma se ne esce. Certo poco o niente è più come prima.

Quando si è sentita male, cosa ha pensato?

Che mezz'ora dopo avrei dovuto essere in una sala del Parlamento dove discutevano di istituti di previdenza.

Sempre le pensioni...

Sempre il mio lavoro... Non capisco: perché tutto questo sorpresa se una pensa a far bene quello che sa fare, se ritiene che lavorare con dignità sia una cosa da fuori dal mondo. Io ho sempre pensato che la vita sia quello che si sa fare e fare quello in cui si crede. Il resto, cioè il privato, le malattie, quelle vengono comunque se devono venire, non è che bisogna sempre stare lì a pensarci. È il lavoro, è la politica, invece, che non si muovono se uno non si muove.

Nessun rimpianto a lasciare la Camera?

Quando si decide si decide. E poi non lascio la politica.

Il Pd di Bolzano e avvisato ...

Beh, lo sanno.













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