«Maledetto Italicus, in un attimo persi i genitori e il fratello»

Il meranese Mauro Russo ricorda la morte dei suoi familiari «Sul treno anch’io e mia sorella, mantengo viva la memoria»


di Ezio Danieli


MERANO. Il 4 agosto di 40 anni una bomba, fatta esplodere sul treno Italicus, causò una strage all’uscita della galleria di San Benedetto val di Sambro: 12 morti e 44 feriti il bilancio di quell'attentato "firmato" da gruppi terroristici dell'estrema destra. Fra le vittime di quella strage anche una famiglia di Merano: morirono infatti Nunzio, Maria e Marco Russo; Marisa e Mauro, gli altri due fratelli, rimasero feriti. Tre lunghi mesi ricoverati in ospedale. Poi, assititi da un tutore, il recupero. Alcuni anni fa Marisa è deceduta a causa di un brutto male.

Della famiglia Russo è rimasto solo Mauro. Che adesso fa il veterinario in una clinica di Marlengo. «Il 4 agosto di 40 anni fa avevo 13 anni. Con papà, mamma ed i miei fratelli eravamo stati un fine settimana a Firenze: papà era ferroviere ed avevamo sfruttato i biglietti che aveva gratis. Stavamo tornando su quel maledetto treno. Ricordo che con Marisa e Marco eravamo saliti per cercare un posto. Ci eravamo sistemati su un scompartimento della carrozza dove c'era la bomba. Non ricordo quello che è successo. Ho potuto ricostruire l'attentato solo leggendo, più tardi, qualcosa sui giornali. Da un diario di mia sorella ho potuto sapere che lei venne salvata da un ferroviere che era sul corridoio del treno».

Una strage, quella dell'Italicus, che Mauro Russo non vuole dimenticare. "Ho perso, a causa di quella bomba, mia madre, mio padre e mio fratello. Da qualche anno se n'è andata anche Marisa, spezzandomi il cuore perché era stata lei a farmi da mamma per parecchio tempo». E adesso, a 40 anni di distanza dalla strage, cosa fa Mauro Russo? «Mantengo vivo il ricordo dei miei cari e di tutte le vittime innocenti su quel treno. Partecipo, quando posso, alle varie ricorrenze. E mi auguro che, caduto il segreto di Stato, si possa avere ulteriore chiarezza su chi mise la bomba su quel maledetto treno». In riva al Passirio, fino ad una decina di anni fa, la morte di Nunzio, Maria e Marco Russo veniva ricordata con una cerimonia davanti alla tomba al cimitero di via San Giuseppe. «Da un po' di tempo - dice ancora Mauro Russo - non si fa più niente. Ma non voglio né criticare né contestare alcuno: col tempo i ricordi tendono ad affievolirsi. E si finisce per dimenticare. Quest'anno, in occasione dei 40 anni dalla strage, forse era opportuno ricordarla. Anche per ripetere l'impegno i tutti affinché certi tragici episodi non debbano più ripetersi». Mauro Russo non ha smesso un attimo di ricordare mamma Maria, papà Nunzio, il fratello Marco e la sorella Marisa. «Sono rimasto l'unico della famiglia Russo ed è mio dovere ricordare l'esempio che mi hanno dato i miei genitori. Si pensi che quei due giorni a Firenze sono stati, per noi tre fratelli, fra i più belli della nostra vita. Avevo solo tredici anni e non potevo neppure immaginare quello che sarebbe poi accaduto. Adesso a mia figlia, che ha tredici anni, inizio un po' alla volta a raccontare. Nicole, per ora, non può capire tutto. Ma fra qualche anno le spiegherò che anche io, quando avevo tredici anni, ero felice con la mia famiglia. Fino a quel maledetto 4 agosto che mi ha cambiato la vita e che mai portò dimenticare».













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