Manuel sotto il treno: «Ho fatto una scemenza ma non mi sento disabile»

Manuel Bozzolan si è risvegliato dal coma La sua lotta per muoversi libero e indipendente



di Luca Fregona

BOLZANO. Ieri Manuel ha aperto gli occhi e ha fatto una domanda ai genitori: «Ho ancora le gambe?». Poi ha raccontato com’è andata. «Colpa mia. Sì, avevo l’Ipod nelle orecchie, ma la luce rossa l’ho vista. E ho visto le sbarre abbassarsi. Ero convinto di potercela fare». Di passare “di là” prima che arrivasse il treno. Non incolpa nessun Manuel Bozzolan, il ragazzo di 16 anni travolto sulla sua sedia a rotelle a Ponte Adige. E’ vivo per miracolo. I medici hanno dovuto amputargli un piede, ma è vivo. Si è risvegliato dal coma. «Ho fatto una scemata - ha ripetuto-: ne sono cosciente».

Una di quelle bravate che un adolescente fa tutti i giorni. Oltrepassare il limite. Sopravvalutare le proprie forze. «Ma non è successo - dice con forza papà Sergio - perché Manuel è un disabile. E’ successo per l’esatto contrario: per il suo dinamismo, per la sua voglia di vita». E di sfidare gli ostacoli. In fondo, se non avesse rischiato l'osso del collo, anche una grande dimostrazione di libertà e autonomia per un ragazzo costretto a combattere sin da piccolo. E' nato così, Manuel. Un problema cerebrale gli ha compromesso la capacità motoria. Gli ha impedito di camminare, correre, saltare, prendere a calci un pallone. Ma lui è uno di quelli che non mollano. Ostinato. Combattivo.

Piano piano, anno dopo anno, accompagnato dai genitori Sergio e Bibiana, ha imparato a tirarsi su da solo, ad usare le grucce "canadesi" per rimanere dritto come un fuso. In piedi. E a camminare, almeno su tratti brevi. Ha allenato le braccia e la parte superiore del corpo per supplire alle gambe che non vanno. E' un toro Manuel. Ha la tonicità di un atleta. Fa tantissimo sport. A scuola si muove con le stampelle. Senza carrozzina. Gioca a sledge hockey (la variante di hockey su ghiaccio per disabili, ndr) nella squadra del Caldaro. Fa sci di fondo con un attrezzo speciale con una società sportiva di Appiano.

La libertà, l'autonomia se l'è conquistate giorno per giorno. «Più che una carrozzella elettrica - spiegano i genitori -, quella che è andata distrutta a Ponte Adige, è una specie di scooter, che lui usa per tragitti lunghi». Perché Manuel vuole andare dappertutto. Per farlo si aggrappa a qualsiasi cosa: alle stampelle, ai corrimani, ai genitori, agli amici, alla sedia a rotelle... Proprio in nome della libertà prendeva il treno da solo, saliva sui bus da solo. Saliva - da solo - in funivia a Meltina o a Merano Duemila per fare lunghe passeggiate. Al massimo si tirava dietro il suo adorato cane Paco.

Andava tutti i giorni dai nonni a Frangarto. Poi la sera tornava a casa, a Lana, dove abita la famiglia. Manuel odia la parola "disabile". Si è sempre rifiutato di far parte di associazioni di "categoria". Ringhia a chi gli dice "poverino". «Io non sono malato. Io sono io. Io voglio correre, saltare, nuotare. E un giorno scalare le montagne». Il suo idolo è Mauro Corona, divora i suoi libri. Proprio con un tema sullo scalatore di Erto ha vinto anche un premio rivolto agli studenti delle superiori. Ha fame di vita. Di vette e grandi orizzonti.

Frequenta l'Istituto Marconi di Merano. Ha appena finito il terzo anno di informatica. «Speriamo che si riprenda in tempo per l'anno scolastico nuovo...», sussurra Bibiana. I genitori non hanno ancora avuto il coraggio di dirgli che ha perso un piede. I medici hanno dovuto tagliare. «Continua a chiedermi se ha ancora le gambe e se tornerà a camminare - sussurra papà Sergio -... Non ho avuto la forza di rispondere. Per noi è un miracolo che sia vivo, che il treno non l'abbia stritolato». Ora Manuel dovrà ricominciare daccapo.

«Abbiamo paura di come possa prenderla. Ha già subito numerose operazioni ortopediche per arrivare a quel grado di autonomia che aveva raggiunto. Adesso si ricomincia, sarà tutto un po' più difficile». Anche i genitori di Manuel sono due persone speciali. Trattengono a stento l'emozione. Ma si premurano di dire al macchinista e al capo treno di "non addolorarsi". «Loro non c'entrano niente. Non hanno nessuna responsabilità. Ringraziamo anche chi l'ha soccorso. Veloci e professionali. Hanno salvato il nostro ragazzo».

E non tornano indietro. «Quello che è successo - dice convinto Sergio - non ci farà cambiare. Non gli staremo addosso per la paura che si faccia male un'altra volta. Sarebbe come chiuderlo in prigione. Vogliamo mandare un messaggio a tutti i genitori che hanno un figlio disabile: non rinchiudeteli in una campana di vetro. Non abbiate paura. Lasciateli andare ovunque e comunque». È il diritto all'avventura. E alla libertà. Luca Fregona di Luca Fregona Ieri Manuel ha aperto gli occhi e ha fatto una domanda ai genitori: «Ho ancora le gambe?».

Poi ha raccontato com'è andata. «Colpa mia. Sì, avevo l'Ipod nelle orecchie, ma la luce rossa l'ho vista. E ho visto le sbarre abbassarsi. Ero convinto di potercela fare». Di passare di "là" prima che arrivasse il treno. Non incolpa nessun Manuel Bozzolan, il ragazzo di 16 anni travolto sulla sua sedia a rotelle a Ponte Adige. E' vivo per miracolo. I medici hanno dovuto amputargli un piede, ma è vivo. Si è risvegliato dal coma. «Ho fatto una scemata: ne sono cosciente». Una di quelle bravate che un adolescente fa tutti i giorni. Sfidare il limite. Sopravvalutare le proprie forze. «Non è successo - dice con forza papà Sergio - perché Manuel è un disabile. E' successo per l'esatto contrario: per il suo dinamismo, per la sua voglia di vita». E di sfidare gli ostacoli.

In fondo, se non avesse rischiato l'osso del collo, anche una grande dimostrazione di libertà e autonomia per un ragazzo costretto a combattere sin da piccolo. E' nato così, Manuel. Un problema cerebrale gli ha compromesso la capacità motoria. Gli ha impedito di camminare, correre, saltare, prendere a calci un pallone. Ma lui è uno di quelli che non mollano. Ostinato. Combattivo. Piano piano, anno dopo anno, accompagnato dai genitori Sergio e Bibiana, ha imparato a tirarsi su da solo, ad usare le grucce "canadesi" per rimanere dritto come un fuso. In piedi. E a camminare, almeno su tratti brevi. Ha allenato le braccia e la parte superiore del corpo per supplire alle gambe che non vanno.

E' un toro Manuel. Ha la tonicità di un atleta. Fa tantissimo sport. A scuola si muove con le stampelle. Senza carrozzina. Gioca a sledge hockey (la variante di hockey su ghiaccio per disabili, ndr) nella squadra del Caldaro. Fa sci di fondo con un attrezzo speciale con una società sportiva di Appiano. La libertà, l'autonomia se l'è conquistate giorno per giorno. «Più che una carrozzella elettrica - spiegano i genitori -, quella che è andata distrutta l'altro giorno, è una specie di scooter, che lui usa per tragitti lunghi». Perché Manuel vuole andare dappertutto. Per farlo si aggrappa a tutto: alle stamparle, ai corrimani, ai genitori, agli amici, alla sedia a rotelle...

Proprio in nome della libertà prendeva il treno da solo, saliva sui bus da solo. Saliva - da solo - in funivia a Meltina o a Merano Duemila per fare lunghe passeggiate. Al massimo si tirava dietro il suo adorato cane Paco. Andava tutti i giorni da nonni a Frangarto. Poi la sera, tornava a casa, a Lana, dove abita la famiglia. Manuel odia la parola disabile. Si è sempre rifiutato di far parte di associazioni di "categoria". Ringhia a chi gli dice "poverino". «Io non sono malato. Io sono io. Io voglio correre, saltare, nuotare. E un giorno scalare le montagne». Il suo idolo è Mauro Corona, divora i suoi liberi. E con un tema sullo scalatore di Erto ha vinto anche un premio di letteratura per ragazzi.

Ha fame di vita. Di vette e grandi orizzonti. Frequenta l'Istituto Marconi di Merano. Ha appena finito il terzo anno di informatica. «Speriamo che si riprenda in tempo per l'anno scolastico nuovo...», sussurra Bibiana. I genitori non hanno ancora avuto il coraggio di dirgli che ha perso un piede. I medici hanno dovuto tagliare. «Continua a chiedermi se ha ancora le gambe e se tornerà a camminare - sussurra papà Sergio -... Non ho avuto la forza di rispondere. Per noi è un miracolo che sia vivo, che il treno non l'abbia stritolato».

Ora Manuel dovrà ricominciare daccapo. «Abbiamo paura di come possa prenderla. Ha già subito numerose operazioni ortopediche per arrivare a quel grado di autonomia che aveva raggiunto. Adesso si ricomincia sarà tutto un po' più difficile». Anche i genitori di Manuel sono due persone speciali. Sono ancora sotto shock. Trattengono a stento l'emozione. Ma si premurano di dire al macchinista e al capo treno di non angosciarsi. «Loro non c'entrano niente. Non hanno nessuna responsabilità. Ringraziamo anche chi l'ha soccorso. Veloci e professionali. Hanno salvato il nostro ragazzo». E non tornano indietro.

«Quello che è successo - dice convinto Sergio - non ci farà cambiare idea dietro. Non gli staremo addosso per la paura che si faccia male un'altra volta. Sarebbe come chiuderlo in prigione. Vogliamo mandare un messaggio a tutti quei genitori che hanno un figlio disabile: non rinchiudeteli in una campana di vetro. Non abbiate paura. Lasciateli andare ovunque e comunque». È il diritto all'avventura.













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