L'inchiesta

Mascherine cinesi, le Dogane chiedono all’Asl 2 milioni di tasse 

Il materiale era entrato in Italia in “regime speciale” e per questo esentato dai diritti doganali. L’inidoneità certificata dei dispositivi di protezione fa cadere tutti i presupposti che avevano garantito la franchigia



BOLZANO. Siccome le disgrazie non vengono mai sole, adesso, l’azienda sanitaria altoatesina finita anche sotto la lente dell’Agenzia delle Dogane. Proprio nell’ambito dell’intricata vicenda delle “mascherine cinesi”, infatti, l’agenzia fiscale chiede all’Asl il pagamento di una grossa cifra che, secondo indiscrezioni, si aggirerebbe attorno ai due milioni di euro.

Perché? Il motivo è assai semplice, anche per chi non mastica molto di fisco e tasse. In quei concitati giorni del 2020 in cui la pandemia si diffondeva rapida e micidiale anche in Alto Adige e in cui le mascherine erano bene raro e prezioso, il primo ordine, grazie all’intermediazione della Oberalp di Heiner Oberrauch, arrivò in Italia in quello che tecnicamente viene definito “regime speciale”. Se tutto fosse andato secondo programmi, insomma, quella merce avrebbe potuto beneficiare di un’importazione in franchigia, in esenzione dei diritti doganali.

C’era un’emergenza, insomma, le mascherine servivano subito e, quindi, grazie al “regime speciale”, quei dispositivi di protezione che arrivavano dalla Cina sono potuti entrare in Italia senza essere tassati.

Nei mesi successivi, però, i periti hanno stabilito che quel materiale non aveva le caratteristiche minime per garantire una protezione efficace. E quindi non poteva essere utilizzato. E quindi non c’era alcun motivo di farlo entrare nel nostro Paese con un “regime speciale”, esentandolo da tassazione. A fronte di questo, l’Agenzia delle Dogane di Bolzano ha bussato nei giorni scorsi alla porta dell’Asl chiedendo semplicemente ciò che è dovuto al fisco: due milioni di euro.

No, le disgrazie non arrivano mai sole.













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