Mauro Corona: «Manuel un ragazzo coraggioso, lo porterò in montagna»

«Quel ragazzo ha fatto un gesto di grande coraggio. Un po' incauto forse. Ma ha voluto mettersi alla prova. Ha detto: attraverso da solo. Ce la faccio. Ha fatto la sua breve scalata. E ha pagato»


Luca Fregona


BOLZANO. «Quel ragazzo ha fatto un gesto di grande coraggio». Mauro Corona parla di Manuel Bozzolan, il giovane disabile travolto da un treno a Ponte Adige. «Quel ragazzo ha fatto un gesto di grande coraggio. Un po' incauto forse. Ma ha voluto mettersi alla prova. Ha detto: attraverso da solo. Ce la faccio. Ha fatto la sua breve scalata. E ha pagato». Mauro Corona parla dalla sua casa di Erto.

Il "ragazzo" è Manuel Bozzolan, il giovane disabile travolto da un treno pochi giorni fa a Ponte Adige. Mentre cercava di attraversare i binari con la sua carrozzella. Manuel si è salvato, ma i medici hanno dovuto amputargli un piede. Le sue condizioni sono serie ma stazionarie. Si è risvegliato dal coma e ai genitori ha detto due cose. La prima è stata un'"ammissione": «È stata solo colpa mia, ho visto il semaforo rosso, ma ho sopravvalutato le mie forze».

La seconda, un desiderio: «Vorrei che Mauro Corona venisse a trovarmi». Per Manuel, Corona è un modello, un punto di riferimento. Un autore da citare nei temi in classe, e nelle chiacchierate con gli amici. Con uno scritto su Corona, ha vinto anche il secondo premio di un concorso per le scuole superiori indetto dalla Provincia. «Mi piace perché è un uomo libero - ripete a tutti -, mi aiuta a conoscermi meglio».

Manuel adora la montagna. La vede come un simbolo di libertà assoluta, lontano da tutte le gabbie che lo hanno ostacolato nei suoi 16 anni. Il suo sogno è conquistare una cima. Insieme a Mauro Corona. «Sono onorato del suo affetto - dice con dolcezza lo scrittore-scultore -alpinista -. Sono contento che mi apprezzi, e che gli piacciano i miei libri. Ditegli che lo tengo d'occhio, che arriverò come un corvo spennacchiato a posarmi accanto a lui. Mi poserò sulle sue braccia forti come rami di un albero».

Le braccia che Manuel ha allenato in tanti anni per supplire alla debolezza delle gambe. «Il gesto di questo ragazzo. Che rischia la vita per provare qualcosa a se stesso è da ammirare. Non è uno che si piange addosso. Non ha chiesto elemosine. E' un combattente e un sognatore. E' un po' come don Chisciotte. Mi commuove. Lui è come me. Un alpinista sa sempre che rischia qualcosa, ma ha una passione dentro, un fuoco, che lo porta sempre verso l'alto. La vita deve essere densa, piena. Senza rimpianti. Capisco benissimo che cosa gli è passato per la testa quel giorno».

Poi una promessa: «Verrò sicuramente a trovarlo a Bolzano. Voglio assolutamente conoscerlo. Io la penso come Cechov: bisogna circondarsi dell'affetto dei giovani. Ci danno energia e nuove motivazioni. Ho una gran voglia di ascoltarlo e di raccontargli storie meravigliose di boschi e animali». Corona conosce tutta la storia di Manuel («mi sono arrivate un sacco di mail dopo l'incidente, mi hanno detto che vorrebbe parlarmi...»). Sa che non può usare le gambe da quando è nato. Sa che solo grazie ad una grandissima tenacia, all'affetto dei genitori, e ad una terapia durata anni, era riuscito a tirarsi in piedi, percorrendo brevi tratti a piedi aggrappato alle grucce. Sa anche che Manuel dovrà ricominciare tutto daccapo. Perché nell'incidente di Ponte Adige ha perso un piede.

«Sono convinto - conclude - che tutto questo non lo fermerà. Quando uscirà dalla sua stanza, quando vorrà e se ne avrà la forza, lo porterò in montagna. Ci faremo una bella passeggiata. Magari anche una scalata...».













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