Medico di guardia, obbligo di visita 

La sentenza del caso Pecoraro. L’intervento a domicilio era doveroso per alleviare i dolori di una paziente morente Il medico aveva detto al figlio in piena notte: «Io non vado in casa a fare iniezioni». Assolto solo per «tenuità del fatto»



Bolzano. La visita a domicilio di un medico di guardia è doverosa anche solo per verificare quale possa essere il rimedio più efficace per alleviare atroci dolori ad un paziente ormai allo stadio finale. È questo il concetto sottolineato in sentenza dalla Corte d’appello di Bolzano che ha assolto il dottor Alfonso Pecoraro, in servizio a Bolzano la notte del 28 luglio 2012.

Il professionista (già assolto in primo grado per insufficienza di prove) ha dovuto rispondere anche in appello di rifiuto in atti d'ufficio in quanto non ritenne di dover intervenire a domicilio per alleviare con una iniezione di morfina o di altro medicinale i dolori lancinanti di una donna morente, ammalata di cancro. A presentare un esposto denuncia era stato il figlio che aveva chiesto telefonicamente l'intervento. In appello il pubblico ministero Donatella Marchesini aveva chiesto la condanna dell’imputato a 4 mesi.

In realtà l’imputato venne assolto anche in secondo grado con la formula della “tenuità del fatto”. In altre parole la Corte d’appello (che in questi giorni ha depositato le motivazioni della sentenza) ha riconosciuto che il medico non ottemperò ad un dovere professionale (di qui l’imputazione di rifiuto in atti d’ufficio) ma ha considerato il fatto di “particolare tenuità” applicando le nuove disposizioni di cui all’articolo 131 bis del codice penale che prevede la non punibilità, tra il resto, per una condotta non abituale. L'offesa - prevede il codice - non può però essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili. Nel caso in questione, la Corte d’appello in sentenza rileva che la situazione (con una paziente morente costretta a sopportare atroci dolori) imponeva una visita domiciliare. Il medico - scrive la Corte in sentenza - doveva rendersi conto dell’urgenza dell’atto d’ufficio, resa evidente dalla richiesta di intervento del figlio della paziente. «Altre soluzioni, come una consulenza telefonica in ordine ad indicazioni terapeutiche - si legge in sentenza - non erano possibili in siffatta situazione di grave compromissione della salute della paziente...». La Corte rileva in sentenza che «il medico di guardia «può fare iniezioni a domicilio con somministrazione dei farmaci a sua disposizione, assumendosi la responsabilità della sua decisione di non effettuare visite a domicilio». Un inciso che smentisce quello che il medico in questione, la notte del dramma, aveva detto al telefono al figlio della paziente che chiedeva aiuto. «Io non vado a casa a fare le punture» aveva puntualizzato il medico. In realtà sarebbe stato suo compito intervenire. I giudici hanno però ritenuto il fatto di «particolare tenuità» tenendo conto che alla paziente morente il dolore fu alleviato con della morfina grazie al successivo e immediato intervento del 118. MA.BE.













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