Memoria, un “percorso” anche per l’esodo dei giuliano dalmati 

Il progetto del Comune. Cartelli esplicativi come al Muro del lager e in piazza dell Vittoria



Bolzano. Bolzano ha il suo Muro. E così, dopo un lungo oblio, possiede uno spazio dove riflettere sugli orrori delle dittature nello stesso luogo in cui sorgeva il “suo” lager. Ne avrà un altro. Non un muro: un memoriale. Quello esistente, in via Resia, resta al centro della Giornata della memoria; questo in progetto costituirà invece lo snodo anche emotivo per il Giorno del ricordo. S orgerà sulle passeggiate del Talvera, dove già esiste la stele che indica i sacrifici delle genti dalmate e istriane. Due “monumenti” non certo connessi dal medesimo male, quello del lager e della Shoah essendo unico nella incancellabile assolutezza del suo orrore, ma ugualmente collegati in quanto accomunati dall'essere conseguenza dei totalitarismi. «Lo dovevamo ai tanti che sono giunti qui, a Bolzano, cacciati dalle loro case, senza più nulla e che invece tanto hanno dato alla nostra comunità» ha detto il sindaco. Che proprio l'altro giorno ha visto approvato dalla sua giunta il progetto di riqualificazione del luogo. Como anticipato sul giornale di ieri, sono stati messi a bilancio 60 mila euro. «Ma sono solo indicativi» spiega la segreteria di Renzo Caramaschi. Serviranno come punto di riferimento per i progettisti. L’altra notizia è che è stata avviata la procedura per attivare la partecipazione di almeno cinque studi di architettura.

Nuovo percorso della memoria

E qui torna il Muro del lager. Perché uno di questi aveva a suo tempo collaborato proprio alla ridefinizione e all’approntamento degli spazi di via Resia, col percorso della memoria tra ciò che è rimasto del campo di concentramento e transito bolzanino. Il quadro progettuale di riferimento per il luogo del ricordo degli esuli istriano-dalmati punta al mantenimento della stele esistente ma, ed ecco l’altro elemento della cornice del concorso di architettura, con una serie di strutture in grado di raccontare la storia dei nostri confini orientali. Per questo il sindaco sta in questi giorni prendendo contatto anche con un gruppo di storici bolzanini, già attivi nella pubblicistica e nella ricerca intorno al nostro Novecento, per definire testi e immagini da inserire nel nuovo “memoriale”. Il punto di riferimento è quello che è già stato messo in campo sia davanti al monumento della vittoria che in piazza Tribunale sotto l'edificio che ospita il bassorilievo del duce a cavallo. Naturalmente il testo esplicativo sarà oggetto di articolati approfondimenti. Come per il Muro, per anni dimenticato, anzi colpevolmente rimosso dalla memoria collettiva in anni in cui erano preponderanti le esigenze di riconciliazione in una terra ancora profondamente segnata da fascismo prima e nazismo poi (entrambi a lungo condivisi dai due gruppi etnici), anche la tragedia degli italiani sui confini orientali ha subito la stessa sorte. Da un lato, perché la cacciata degli istriani da parte delle milizie comuniste di Tito è stata spesso strumentalizzata dalle destre, dall’altro per via anche di una cattiva coscienza di tante altre forze politiche a sinistra, restie a riconoscere quella tragedia. La quale portò almeno 400 mila persone a lasciare le loro case, in un ennesimo capitolo di pulizia etnica, e tante altre a subire l'orrore delle foibe. C’è voluto il Quirinale perché fosse finalmente istituito anche il Giorno di “quel” ricordo.

Una nuova “patria”

Ma per Bolzano la stele e il prossimo luogo monumentale sul Talvera ha anche un significato più intimo. Sono tantissimi infatti i bolzanini diventati tali allora. Arrivati qui e accolti. Istriani e dalmati sono stati assorbiti velocemente nel tessuto sociale. I profughi arrivati in Alto Adige appartenevano alla media e piccola borghesia delle professioni: architetti, medici, funzionari di banca, ingegneri, molte maestre. Tra gli avvocati ci sono Giovanni Dragogna, papà del noto legale bolzanino Sergio, e Giuseppe Salghetti Drioli, papà dell’ex sindaco di Bolzano, Giovanni, originario di Zara. Alfredo Negri, un funzionario dell'anagrafe, fonda l'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia che si occupa della prima assistenza (casa, lavoro, vestiti e cibo). A Bolzano, la rete di auto-aiuto può contare sull'appoggio - determinante - del viceprefetto dell'epoca Oscar Benussi. Fiumano ed ex fascista, Benussi era stato mandato da Degasperi in Alto Adige anche per gestire la "questione profughi". Vittorio Karpati, vicequestore di Fiume fino al 1945, diventa vicequestore di Bolzano. Il giudice Radnich, di Pola, presidente del Tribunale. L'avvocato De Vernier, di Pola, segretario della Croce Rossa. Il medico fiumano Leone Spetz Quarnari direttore dell'ospedale di Bolzano. Ercole Scopigno da Zara, direttore degli uffici finanziari; fiumano era Ladislao De Laszloczky, direttore della Cassa di Risparmio; il fiumano Rodolfo Sperber era direttore della Sasa e presidente del Coni. I profughi avevano costruito una città nella città. I capelli si tagliavano da un barbiere di Spalato che aveva bottega - e non poteva essere altrimenti - in via Dalmazia. Pochi lo sanno, ma la gloriosa «Bolzano nuoto», è stata fondata dal dalmata Ervino Katalinich.

Ancor oggi è significativa la colonia istriano-dalmata. Tra gli esponenti di questa comunità anche due sindaci: Giovanni Salghetti e Ivan Benussi. Tutti e due presenze fisse e significative nel giorno della deposizione delle corone. In mezzo ad un'onda di commozione sincera che ormai accomuna quei reduci al resto della popolazione, ogni 10 febbraio. L'ultimo elemento posto in agenda per questa monumentalizzazione dello spazio intorno alla stele, tra targhe esplicative, strutture e nuovo verde, è che il progetto dovrà essere completato per l’anno prossimo. Il 10 febbraio 2022 Bolzano avrà così un altro luogo intorno al quale unirsi nel ricordo.













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