L'INTERVISTA

Mercalli: «Siccità e caldo: bisogna cambiare modello turistico e tipo di colture» 

Il climatologo: «Dovremmo iniziare a ridurre le emissioni e a programmare gli interventi: dagli acquedotti alla costruzione di nuovi invasi»


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Periodi caratterizzati da poche piogge ci sono stati anche in passato, ma ciò che rende eccezionale e soprattutto preoccupante la situazione oggi è innanzitutto la durata prolungata della siccità: da 15 mesi abbiamo un deficit di precipitazioni. A questo si aggiunge il caldo, circa un grado e mezzo o addirittura due in più, sulle Alpi. In particolare l’innalzamento della temperatura è da attribuire al cambiamento climatico. La diagnosi è condivisa da tempo a livello internazionale. Invece di continuare a chiacchierare, bisognerebbe da una parte agire per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e dall’altra cominciare ad adottare una serie di misure di adattamento. Dobbiamo cambiare stile di vita, modello turistico e tipo di colture in agricoltura». Luca Mercalli, meteorologo, climatologo, divulgatore scientifico queste cose le ripete da anni. Ma i suoi appelli finora sono caduti nel vuoto, perché alla fine un po’ di pioggia è sempre arrivata. Dieter Peterlin, meteorologo della Provincia, prevede che pioverà lunedì notte e nella giornata di martedì. Per quanto riguarda Bolzano e la parte sud della provincia sarebbe - se si escludono le poche gocce di venerdì - la prima precipitazione dal 17 gennaio. Ovvero, dopo la bellezza di 54 giorni. Se si aggiunge che in quota lo strato di neve è molto sottile e a primavera dallo scioglimento arriverà poca acqua, c’è più di un motivo per essere preoccupati.

Dottor Mercalli, in concreto cosa si può fare, visto che non siamo ancora in grado di far piovere?

Per cominciare a limitare gli effetti del cambiamento climatico, bisogna ridurre le emissioni inquinanti. Significa, almeno dove è possibile, modificare il nostro stile di vita. Purtroppo, la guerra in Ucraina, oltre ad aver già provocato migliaia di morti, è un disastro dal punto di vista ambientale.

Gli effetti però si vedranno solo sul lungo periodo.

Su questo non ci sono dubbi. Ma bisogna iniziare. È vero che, dopo il secondo inverno siccitoso e per quanto riguarda il 2022-2023 anche caldo, possiamo sperare che ad aprile e maggio arrivi finalmente la pioggia. Però non è detto che succeda e anche se arriverà, non si può stare fermi, sperando sempre in qualche precipitazione salvifica.

Oltre a cercare di ridurre le emissioni inquinanti, cosa significa adottare misure di adattamento?

Significa cominciare a programmare una serie di interventi. Bisogna costruire nuovi invasi per la raccolta dell’acqua; metter mano agli acquedotto che spesso sono dei colabrodo; adottare dei sistemi di irrigazione dei campi tecnologicamente avanzati, per ridurre al minimo la dispersione d’acqua. Pensare a colture che abbiano bisogno di poca acqua. Rivedere il modello turistico: inutile continuare ad ampliare i comprensori sciistici e dotarsi di ulteriori impianti di innevamento artificiale senza i quali, almeno quest’inverno, la stagione non sarebbe neppure partita.

Facile a dirsi, un po’ meno a farsi: nell’industria della neve lavorano migliaia di persone.

Lo so perfettamente e chi le parla è un amante dello sci, ma le leggi fisiche sono più forti dei nostri desideri.

Cosa propone?

Ne abbiamo discusso, qualche giorno fa, a Torino al convegno organizzato da Legambiente, dal titolo «Nevediversa - il Turismo invernale ai tempi della transizione ecologica». Dobbiamo sederci ad un tavolo noi climatologi assieme agli operatori turistici, per vedere quali possono essere le scelte imprenditoriali più in linea con la nuova situazione climatica. Piaccia o no, dovremo farci i conti.

Ma non si può immaginare la montagna d’inverno senza lo sci.

Non serve molta fantasia. Già oggi è così; la neve che ha consentito finora di preparare le piste, è stata tutta o quasi prodotta dagli impianti. Bisogna cominciare a ragionare in maniera diversa, a programmare nuove attività da fare in montagna. Il caldo consentirà di trascorrervi periodi più lunghi. Le tecnologie già oggi ci permettono di viverci e lavorare in smart working.

L’Italia è circondata dai mari, non si può pensare di mettere in piedi impianti per desalinizzare l’acqua?

Per potere si può tutto, ma i costi - a livello di consumi energetici - sono enormi. Si potrebbe fare solo se non avessimo più acqua da bere.

In Paesi, come ad esempio Israele, come fanno?

Gli impianti, anche lì, servono a desalinizzare l’acqua indispensabile per sopravvivere. Per il resto ci si è “adattati” puntando, ad esempio in agricoltura, su culture che hanno bisogno di poco acqua e impianti governati dalle tecnologie più avanzate, per irrigare in maniera più razionale e quindi risparmiando sui consumi.

 













Altre notizie

Attualità