Messner: «Ötzi parla e ci racconta la storia delle Alpi»

Era presente quando venne trovata la mummia sul Similaun «Ho capito subito che era un reparto eccezionale»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. «Non basta costruire una nuova casa per Ötzi». Ecco Messner. Il suo padre putativo. Quello che ha detto subito: signori quello non è un morto qualsiasi. E mentre gli altri sorridevano dicendo: vuole darsi importanza, lui insisteva : quella è archeologia, non storia. A 25 anni dalla scoperta, lo scalatore, ex verde, imprenditore, creatore di musei, aggiunge che è più quello che Ötzi ha dato a noi, che noi a lui.

Perché non basta una nuova casa per Iceman, Messner?

Perché è importante quello che ci si metterà dentro. Oltre a Ötzi, naturalmente.

E che cosa?

Bello sarebbe se fosse il grande museo della storia della montagna antica. Quella moderna è nei miei musei. E quella antica delle Alpi non è la stessa dei Pirenei o delle Ande o dell'Himalaia. Le glaciazioni, la geologia, la cultura dei primi uomini.

E quindi?

Starei attento a non mischiare troppo mummia e museo Civico come ho letto.

Ma dopo 25 anni cosa ci ha dato Ötzi?

Cosa ci ha detto soprattutto. Ad esempio che qui, tra queste montagne e valli stavano succedendo storie incredibili quando ancora non c'erano le piramidi.

Importante?

Decisivo per la storia dell'uomo. Per la nostra storia. La cultura delle Alpi e sulle Alpi va spostata centinaia di anni prima. E poi Ötzi e i suoi compari erano gente raffinata.

In che senso?

Che erano tutto meno che selvaggi. E questa è stata un'altra scoperta straordinaria. Ötzi saliva in montagna con una attrezzatura da professionista, segno di una grande conoscenza dei luoghi e dei materiali.

Ci sono stati litigi per Ötzi. E processi...

Interessi, soldi, avvocati. Quando gli uomini capiscono che c'è sotto un interesse si impegnano come non mai. Ma non ne voglio parlare. Dico solo che i miei nemici di allora, quelli, anche tra i giornali tedeschi, che mi prendevano in giro, oggi vedono in Ötzi una grande opportunità. Bene.

E a lei cosa ha insegnato?

Una volta, poco dopo la scoperta io e Kammerlander siamo saliti su. Tra le pietraie dove era stato appena ritrovato Ötzi. Guardavamo le pietre di confine. Che, naturalmente, non erano precise. Quello era l'estremo lembo del Sudtirolo, secondo le mappe. Ma l'acqua scende invece verso l'Austria...

Che significa?

Che la montagna e le sue altezze rendono tutto più incerto. Le logiche della montagna non sono le nostre logiche. C'è l'aria è la luce e le carte tipografiche servono a poco. È una natura forte e mobile che ci toglie tante certezze.

Come quella della nettezza dei confini...

Che dipendono solo da noi. Spesso non dalla natura. E che sono una costruzione. Non la realtà. E che per Ötzi non esistevano. E per tutti gli uomini prima di noi. Lui saliva e basta. E la montagna era una sola. E anche oggi quella montagna, che è montagna vera, dove qualche volta si perde la percezione delle cose, non dovrebbe essere di nessuno ma di tutti.

Sì alla nuova casa ...

Sì ma con attenzione. Per dire: non dovrebbe essere troppo grande. Quando i turisti vengono da me, a Castel Firmiano, riescono in un giorno a vedere la metà di quello che vorrebbero vedere.

Così magari torneranno a Bolzano...

Bene per il turismo e per le casse. Ma stiamo attenti a lasciar troppo solo Ötzi. Anche adesso, per suscitare interesse, gli esperti devono scoprire ogni sei mesi qualche novità: chi l'ha ucciso, cosa aveva nello stomaco. Poi le scoperte finiranno, è naturale. Per cui nel museo dovranno trovare di più.

La grande storia delle Alpi?

Appunto.













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