La storia

«Mi ha mandato all’ospedale e l’ho lasciato. Fatelo anche voi»

Una giovane donna si è salvata dal marito con i due figli. «La Casa delle donne mi ha aiutata e accolta in un alloggio protetto». La difficoltà di ricominciare: «È difficile, ma rifarei tutto»


Francesca Gonzato


BOLZANO. L’ha picchiata, fino a mandarla all’ospedale con una frattura. L’ha picchiata alcune volte, fino a quando lei ha deciso «basta». Quel marito violento rappresenta il passato della giovane donna che ha accettato di raccontare al giornale la sua storia. Ha scelto di rivelare la violenza subita perché è stata abbastanza coraggiosa da ribellarsi, e prima ancora ha compreso che «il suo comportamento non ha nulla a che fare con l’amore».

Per alcune donne ribellarsi al compagno violento sembra impossibile. Anche per loro Anna racconta. È stata salvata dalla rete delle case delle donne. Non è una storia a lieto fine, non ancora. «Mi è rimasta la paura e il “dopo “ è tanto difficile». Anna non è il suo nome, non deve essere resa riconoscibile. Perché è di questo che si sta parlando, di cosa significa avere a che fare con un compagno violento, o con uno stalker.

Anna, di origini straniere, è madre di due figli.

Vi siete incontrati, piaciuti, sposati. All’inizio è stato bello?

Sì, all’inizio siamo stati una coppia felice. Ci siamo trasferiti in Italia, in Alto Adige, e le cose sono andate male quasi subito.

Cosa è accaduto?

Nel mio Paese di origine lavoravo e mi piaceva. Non avevo intenzione di smettere, avrei voluto lavorare anche in Alto Adige. Apparentemente era d’accordo, ma ho dovuto insistere per iscrivermi a un corso di lingue. E quando ho iniziato a frequentare le lezioni, mi caricava di talmente tante cose da fare a casa, che un po’ alla volta ho smesso di andare a lezione. Ho capito che le cose tra noi si stavano mettendo male. C’era sempre più tensione.

L’ha picchiata?

Sì, durante un litigio per la prima volta mi ha picchiata. Ho provato a difendermi, perché non accetto la violenza, non ho mai avuto un carattere sottomesso. E allora mi ha picchiato ancora più forte, fino a rompermi un braccio. Sono andata al pronto soccorso, ma non ho raccontato cosa era accaduto, nella nostra cultura non è normale denunciare il marito. Al pronto soccorso ho spiegato di essere scivolata dalle scale.

E una volta tornata a casa?

Non l’ho denunciato, ma gli ho detto che non volevo avere più nulla a che fare con lui, me ne sarei andata con i nostri figli. Mi ha supplicato di non lasciarlo. “Non accadrà più, te lo giuro”. Gli ho creduto, lo amavo ancora. Ma non è durata. Dopo qualche settimana ha cambiato atteggiamento. Non mi picchiava, ma faceva di tutto per farmi sentire una donna che non vale nulla. Si chiama violenza psicologica, lo so cos’è. Dentro di me mi sono ribellata ancora una volta. Mi sono confidata con una conoscente, che mi ha parlato della Casa delle donne. “Prova a chiedere un consiglio a loro”, mi ha detto. Ci ho pensato ancora un po’, poi c’è stato un litigio e mi ha picchiato di nuovo. Allora ho detto “basta”. Pochi giorni dopo sono andata alla Casa delle donne: abbiamo iniziato a parlare, ci sono stati tanti colloqui, fino a quando mi sono sentita pronta. Grazie a una amica ho iniziato a portare via di nascosto borse con gli abiti miei e dei bambini.

E poi è arrivata la fuga vera e propria?

Con le operatrici della casa abbiamo concordato l’appuntamento in un luogo: c’era una macchina che aspettava me e i miei figli. Ci hanno portato in un appartamento protetto molto lontano.

Quanti anni sono passati tra la prima violenza e la fuga?

Più di due anni.

Poi è iniziata la sua nuova vita, di donna tenuta nascosta per non essere raggiunta dal marito.

Le operatrici della casa sono state fondamentali. Mi sono sempre state vicine. Grazie alla associazione ho frequentato corsi di italiano, tedesco e di formazione professionale. Ho vissuto nella casa protetta per circa un anno, quando finalmente ho trovato un lavoro, un buon lavoro. Appena ho avuto uno stipendio, mi sono trasferita in un piccolo appartamento con i miei figli. Ero felice di lavorare, ma era un contratto a tempo pieno e qui ormai sono sola, lontana dalla mia famiglia. Non riuscivo a lavorare tutto il giorno, perché l’orario delle scuole materne non me lo consentiva. Ho lasciato il lavoro e sto cercando qualcos’altro. Non è facile. Non so se resterò ancora, sto pensando di tornare nel mio Pese.

Lei ha ancora paura? Il suo ex marito sa dove vive?

Non sa dove vivo, ma cerca di fare pressione su di me telefonando ai miei parenti, mi minaccia attraverso di loro. Certo che ho paura.

Lei ha avuto coraggio.

Devo tanto alle donne che mi hanno accompagnata in questi anni, a chi mi ha dato i consigli giusti. Soprattutto sono crescita con una madre che mi ha insegnato l’importanza del rispetto, il mio coraggio arriva da lei. Non so come andrà a finire, ma non mi sono mai pentita. Racconto la mia storia per le altre donne che subiscono violenza: non dobbiamo accettare che ci facciano del male.

Crede che ci sarà amore nella sua vita? Ha paura degli uomini?

Non ci penso. In questi anni ci ho provato, ma non funziona.

Cosa spera per lei?

Una vita serena con i miei figli.

Lei ha una bambina, cosa le insegnerà?

Ciò che mi ha insegnato mia madre: non nascondere le cose e imparare a difendersi.













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