Il processo

Minacciata dal compagno con i cocci di bottiglia

Una donna bolzanina chiede giustizia da anni. Il processo è stato rallentato dall’emergenza covid ed ha ora subìto un altro rinvio per un teste. L’imputato non risulterebbe più reperibile. In aula spunta una foto in cui si nota la parte lesa minacciata con un collo di bottiglia rotta 


Mario Bertoldi


BOLZANO. Avrebbe cercato di indurre timore anche spacciandosi come fantomatico agente dei servizi di sicurezza. Ogni escamotage era considerato utile per trasformare in un inferno la convivenza con la sua compagna a pochi chilometri da Bolzano. Tre anni di convivenza, ben presto trasformata in un vero e proprio inferno. Poi, dopo la decisione di chiudere il rapporto sentimentale, un altro lungo incubo, non ancora terminato perchè il processo, giunto alle fasi conclusive, è ancora in corso. L’ultimo teste chiamato a deporre dalla difesa non si è presentato in quanto colpito dal Covid.

La sentenza di primo grado, dunque, slitterà inevitabilmente al prossimo autunno. Nel frattempo però l’imputato, un professionista benestante veneziano, sembra non sia più reperibile e dunque sarà problematico per la parte civile riuscire ad andare all’incasso qualora il giudice dovesse pronunciare sentenza di condanna riconoscendo e quantificando anche un danno morale per quanto la signora bolzanina in questione (che ora ha 57 anni) ha dovuto subire.

Una storia drammatica. Furono alcune amiche a convincerla a ribellarsi in via definitiva a quella situazione e a presentarsi ai carabinieri per sporgere denuncia. Dopo essere stata più volte pesantemente picchiata, insultata e minacciata dal compagno, la malcapitata si è trovata anche ad affrontare un lungo periodo di vera e propria persecuzione. Da un paio d’anni la vicenda è approdata davanti al tribunale perché l’uomo è finito sotto processo per maltrattamenti e atti persecutori, cioè stalking. La donna che per alcuni anni ha subìto in silenzio la violenza del convivente di cui si era innamorata, ora chiede giustizia. La sua è una storia caratterizzata da episodi particolarmente brutali.

In un paio di casi la donna (che si è costituita parte civile con il patrocinio dell’avvocato Giancarlo Massari) fu costretta anche a rivolgersi all’ospedale per un principio di asfissia a seguito di un tentativo di strangolamento. Il processo penale è affidato alla giudice Julia Dorfmann che ha sentito una decina di testimoni chiamati a deporre dalla pubblica accusa. Tutti hanno confermato in pieno quanto emerso nel corso dell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Andrea Sacchetti.

Il capo d’imputazione, molto dettagliato, è impressionante. L’uomo ha 53 anni, con una famiglia d’origine dell’alta borghesia veneziana. Per la Procura avrebbe procurato alla compagna per anni continue sofferenze fisiche, psichiche e morali «tali da rendere la vita di coppia intollerabile, aggredendola fisicamente». La donna sarebbe stata più volte umiliata con epiteti ingiuriosi, manifestando una gelosia ossessionata e malata. In un’occasione la donna sarebbe svenuta dopo essere stata sbattuta sul letto, colpita con calci e pugni, fatta cadere sul pavimento della camera e poi presa a schiaffi dopo che la stessa vittima era rinvenuta. In un’altra occasione l’uomo le avrebbe tagliato una palpebra e l’avrebbe poi afferrata per la testa sbattendola contro un muro dell’appartamento. Agli atti del processo c’è anche la fotografia dell’imputato ritratto mentre minaccia la compagna utilizzando un collo di bottiglia di vetro rotto.

Tutti episodi che hanno trovato puntuale conferma, sino a questo momento, dalle testimonianze di amiche e parenti e dai certificati medici prodotti dalla parte lesa. L’imputato, come detto, deve anche rispondere di atti persecutori in relazione ad una serie di iniziative intimidatorie messe in atto dopo la decisione della donna di chiudere la relazione. I testi citati dalla difesa non sembrano aver cambiato la gravità degli episodi contestati. L’imputato (che nel frattempo come detto non sarebbe più reperibile) sino ad ora avrebbe cercato di dimostrare un comportamento “provocatorio” da parte della compagna che gli avrebbe fatto perdere la testa. Tesi che in aula non avrebbe trovato riscontri concreti.













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