«Mio padre, 87 anni, in coda undici ore» 

Ancora denunce sulla situazione al San Maurizio: «Ha il Parkinson ed è caduto. Personale eccezionale, ma servizio mal organizzato» 


di Valeria Frangipane


BOLZANO. «Sono arrabbiata, davvero molto arrabbiata. Non si trattano così gli anziani. Mio padre, 87 anni, malato di Parkinson ed affetto da una patologia autoimmune alla pelle, ha aspettato 11 ore al Pronto soccorso per farsi medicare le ferite riportate dopo una brutta caduta. É successo domenica 12 agosto. È rimasto lì senza mangiare nè bere, per non perdere il posto, con un caldo folle. E con lui ha atteso anche mia madre che di anni ne ha 79. Mia sorella ed io ci siamo alternate... ero in Val Ridanna, ho fatto tempo a scendere e mentre ero in ospedale mi sono chiesta e richiesta come sopporta tutto questo un anziano che è solo. Non si trattano così le persone fragili». A raccontare un’esperienza di ordinaria disorganizzazione è Lisa Zucchermaglio che sgombra subito il campo da facili interpretazioni: «E non c’entrano ferragosto, turisti, elicottero che va avanti e indietro, qui è proprio la gestione dell’emergenza che non funziona. Perchè mio padre era già caduto il 15 febbraio scorso ed aveva atteso 9 ore per farsi medicare con 18 punti alla testa... e solo dopo era seguito il ricovero». Come dire che le attese si ripetono sempre uguali. Ma torniamo a domenica 12 agosto. «Alle 8.45 mio padre Ivo, 87 anni, cade davanti al tabacchino di via Resia. Si rialza con profonde escoriazioni al gomito, al ginocchio ed alla mano. Mia madre, 79 anni, che lo aspetta dall’altra parte della strada, corre in suo aiuto. Si accorge subito che non ce l’avrebbe fatta a curarlo da sola, visto anche che mio padre ha una malattia autoimmune della pelle oltre al morbo di Parkinson che gli procura tremori alle braccia, così chiama l’ambulanza. La Croce bianca arriva in pochi minuti. Personale gentilissimo e preparato valuta la situazione, medica le ferite e trasporta papà in ospedale». E qui inizia il calvario. «Mio padre viene preso in carico dal triage alle 9.09, ha un codice giallo - mediamente critico, numero 44, dopodiché nessuno si degna di considerarlo, fino alle 16.44». Una condizione inaccettabile. «Dopo quasi 8 ore di attesa, a digiuno, con un caldo terribile, sentiamo chiamare il suo numero. Una dottoressa gentilissima, lo medica egregiamente, come del resto si è comportato benissimo tutto il personale, medico, paramedico, infermieri ecc. Dopo un’ora di medicazione, perché le ferite erano gravi e dopo 8 ore le bende applicate dai ragazzi della Croce bianca, si erano attaccate, ci sentiamo dire che devono fare delle lastre di controllo per assicurarsi che non ci siano fratture e di attendere un portantino». Il tempo passa, arrivano le 17.45. «Dopo 15 minuti il portantino ancora non si vede cosi decido di spingere la barella fino alla sala raggi e lì, in circa 20 minuti, facciamo tutto. Ci dicono di tornare al Pronto soccorso, dove saremo stati richiamati per chiudere la pratica. Cosi torniamo al Pronto soccorso, e qui mi permetto, per la prima volta, di fermare un infermiere e chiedergli cosa dovevamo fare. Mi sento rispondere che avremmo dovuto attendere ancora 1 o 2 ore e ci avrebbero richiamati! Sono rimasta allibita prima che potessi replicare quell’infermiere era sparito oltre le porte scorrevoli. Mio padre intanto, sempre a digiuno, sballottato sulla barella di qua e di là. Alle 19.37 finalmente chiamano il numero 44. Il nostro. Rientriamo negli ambulatori, dove il medico con due infermieri, tutti sempre gentilissimi e preparati, ci dice che fratture non ce ne sono e che possiamo tornare a casa! Alleluja! Così dopo 11 ore di odissea, sfiniti dal caldo e dalla fame, usciamo dal Pronto soccorso». E non è finita. «E per concludere in bellezza vorrei far notare che i parcheggi esterni dell’ospedale sono a pagamento anche di domenica, quindi io, che ovviamente ero corsa là in macchina, ho lasciato un lauto contributo al Comune». La sintesi di Lisa Zucchermaglio è caustica: «In Alto Adige ti soccorrono all’istante, ovunque tu sia, in città o in montagna a 3.000 metri, ma poi al Pronto soccorso non hai scampo! Perchè... vedete... mio padre col Parkinson ed i suoi 87 anni era già caduto il 15 febbraio e ne era uscito con una brutta ferita alla testa. Al fatto è seguito lo stesso iter: ambulanza e Pronto soccorso dove è stato medicato alla fronte dopo 9 ore con 18 punti di sutura, dopodiché hanno preferito ricoverarlo per 10 giorni. Quindi qui non si tratta di ferragosto, turisti, elicottero che va avanti e viene... qui è proprio la gestione del Pronto soccorso, che non funziona. L’impostazione di base è completamente errata. Va corretta».

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