Morto in slitta a 14 anni, tre condanne

La madre: «Un atto di giustizia». La Corte ha confermato un anno e tre mesi al maestro di sci e ai responsabili della pista


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Sono state confermate anche dalla corte d’appello le condanne inflitte in primo grado per la tragedia di Romano Campiti, il ragazzino di 14 anni di Roma morto il primo marzo 2012 in un incidente sulla pista di slittino della Croda Rossa. Il ragazzo si trovava in ferie con la famiglia nell’Ampezzano. Fu affidato, assieme ad altri giovani vacanzieri, ad un maestro di sci che decise di portare la comitiva in alta val Pusteria (nel comprensorio Monte Elmo - Croda Rossa) dove l’innevamento risultava migliore. La sentenza d’appello di ieri conferma ancora una volta che l’incidente mortale (Campiti perse il controllo dello slittino uscendo di pista schiantandosi contro un albero) non fu provocato dalla fatalità. I giudici di secondo grado hanno confermato in pieno il giudizio del tribunale. Le condanne sono dimostrazione che quella tragedia avrebbe potuto essere evitata. Sul banco degli imputati c'erano anche questa volta Alessio Talamini, 39 anni, maestro di sci di Cortina d'Ampezzo, Mark Winkler, 43 anni amministratore delegato della società Sextner Dolomiten Spa che gestisce gli impianti e il responsabile della sicurezza delle piste Rudolf Egartner. Per tutti la Corte d’appello ha confermato la condanna ad un anno e tre mesi di reclusione per responsabilità colpose. Confermata anche la provvisionale di 240 mila euro riconosciuta ai familiari e già liquidata dalle compagnie di assicurazione coinvolte. Il risarcimento complessivo sarà poi definito in sede civile. In sentenza i giudici hanno accolto le richieste della Procura generale e degli avvocati di parte civile che avevano sottolineato presunte negligenze sia nella gestione della pista (dai tecnici classificata “nera”, dunque difficoltosa e pericolosa ma anche “per famiglie”) sia nel comportamento del maestro di sci che non avrebbe adeguatamente valutato il pericolo della discesa sullo slittino anche in considerazione dell’inesperienza dei ragazzi a lui affidati. Ovviamente ai responsabili della società proprietaria dell’impianto è stata contestata la mancata adozione di strutture di sicurezza (come le reti di protezione) che avrebbero potuto evitare la tragedia. L’inchiesta però non ha mai permesso di stabilire con certezza perchè Romano Campiti uscì di pista rimanendo ferito a morte. Un particolare che non è stato però considerato importante. Già in primo grado il giudice aveva sottolineato l’obbligo che avrebbe avuto il gestore della pista di recintare o comunque proteggere il bordo esterno del tracciato. E’ molto probabile che i giudici di secondo grado siano giunti alle stesse conclusioni. Dopo la lettura della sentenza la signora Rossella Campiti, mamma del ragazzo morto nell’incidente, ha commentato positivamente la sentenza. “Sono passati cinque anni di inferno in cui hanno cercato di massacrare la memoria di Romano - ha detto - ma questa sentenza è la vittoria della verità. E’ una sentenza che richiama tutti alle proprie responsabilità perchè le regole in Italia ci sono e vanno rispettate. La memoria di Romano rimarrà come simbolo della giustizia».

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