Nei boschi un’invasione di funghi tossici

Appello dei micologi per la presenza del Cortinario orellanoide, potenzialmente mortale, che sembra un finferlo


di Valeria Frangipane


BOLZANO. «Il problema è reale. Invitiamo alla massima attenzione ed a raccogliere e mangiare solo funghi che si conoscono molto bene, perchè i boschi dell’Alto Adige sono invasi da funghi tossici che danneggiano irrimediabilmente i reni. Funghi che abbiamo sempre considerato molto rari ma che adesso abbondano».

A parlare è Karl Kob - medico, esperto micologo e coordinatore della Commissione nazionale di micotossicologia del “Centro Studi” dell’Associazione Bresadola - che chiede di fare attenzione al “Cortinario orellanoide”, dal forte odore di rapa e potenzialmente mortale, che le persone poco esperte possono anche scambiare per finferli, chiodini o chiodelli.

«Il Cortinario è un fungo a lamelle, di colore arancio che può avere riflessi rossastri. Produce una tossina mortale, cresce tra muschio e mirtilli ed ha un aspetto assolutamente innocuo, nulla a che vedere con l’Amanita falloide che ben conosciamo. Se ne trovano in grandi quantità nei boschi umidi di abete rosso, in particolare a San Genesio nella zona di Meltina. Lo stesso avviene in tutto il Parco del Monte Corno, nella zona di Bressanone e in tutta la Pusteria. E in tanti anni non era mai successo che se ne vedessero tanti». Ed è per questo che Kob invita a fare attenzione anche perchè oggi sempre più persone si affidano a libretti ed alle pagine di Google per controllare se un fungo è velenoso o no ma se incappano in questo e sbagliano rischiano la vita. Il miceto che abbiamo detto essere potenzialmente mortale ha vari nomi (Cortinarius orellanoides, Cortinarius speciosissimus o Cortinarius rubellus), ed è diventato tragicamente famoso negli anni Cinquanta in Polonia quando alla fine di un banchetto nuziale si contarono 15 morti. Il suo veleno agisce sui reni, provoca una forma gravissima di nefrosi che può manifestarsi anche due settimane dopo l’ingestione (in alcuni casi anche dopo 18 giorni). In caso di sopravvivenza del paziente può rendersi necessaria la dialisi o il trapianto del rene. I primi sintomi dell’avvelenamento sono caratterizzati da fortissima sete, aumento della diuresi e ancora da nausea, mal di testa, dolori muscolari e brividi. E capita che difficilmente la persona riconduca il suo stato a funghi mangiati anche due settimane prima.

Gli esperti invitano poi a fare ulteriore attenzione perchè in questi giorni sono stati visti i primi esemplari di Amanita falloide (forma verdastra e bianca), la cui ingestione può portare alla distruzione del fegato. Se ne sono viste molte nei boschi di latifoglie sotto noccioli a Pochi di Salorno, a 500-700 metri di altezza. Un altro fungo velenoso nel quale ci possiamo imbattere è il Tricoloma tigre (Tricholoma pardinum), che provoca gravi sindromi gastrointestinali e può essere facilmente scambiato con “moretti” e “morette”.

A questo punto una serie di raccomandazioni ai raccoglitori meno esperti ricordando loro che non basta controllare una foto su Internet per cucinare un fungo e mangiarselo:

1) raccogliere solo i funghi conosciuti molto bene, nel pieno rispetto della normativa provinciale;

2) in caso di sospetta intossicazione rivolgersi subito al medico curante e all'ospedale più vicino;

3) chi desidera ampliare le proprie conoscenze dovrà frequentare, per diversi anni, corsi teorico-pratici di micologia; la consultazione di testi di micologia non potrà mai sostituire la frequenza di corsi tenuti da esperti;

4) chi desidera, invece, far controllare i propri funghi raccolti, potrà rivolgersi agli ispettorati, istituiti presso i Servizi di igiene e sanità pubblica dell’Asl. In questo caso trovate l’elenco a lato.













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