Oberkofler condannato a 18 anni

Il giudice: tentato omicidio e violenza privata. L’ex manager di Lutago colpì a martellate la moglie


di Susanna Petrone


BOLZANO. Diciotto anni: sedici per tentato omicidio e due per violenza privata. Ieri sera, dopo diverse ore di camera di consiglio, il giudice Silvia Monaco ha letto la sentenza alla presenza di Paul Johann Oberkofler, l’altoatesino di 54 anni, che la mattina del 27 novembre 2012, colpì con un martello e uno scalpello da falegname la moglie Brigitte Steger, 44 anni, madre dei suoi tre figli. La donna è in coma irreversibile a causa delle gravi lesioni riportate alla testa. Secondo i medici non si risveglierà mai più. Brigitte Steger, il giorno della brutale aggressione, avrebbe dovuto recarsi dal suo avvocato, per avviare le pratiche del divorzio.

Il giudice ha accolto una delle due richieste del sostituto procuratore Luisa Mosna. Il pm, infatti, aveva chiesto sedici anni di carcere per il tentato omicidio e tre anni per sequestro di persona (Oberkofler aveva rinchiuso in salotto i due figli presenti in casa, per evitare che fermassero il massacro). Il giudice Silvia Monaco ha deciso di condannarlo a due anni per violenza privata e non per sequestro di persona. Per quanto riguarda il tentato omicidio, invece, il giudice ha fatto cadere una delle cinque aggravanti: la premeditazione. Se avesse accolto tutte le aggravanti, Paul Johann Oberkofler avrebbe dovuto affrontare una pena più alta.

Il processo con rito abbreviato era iniziato ieri mattina alle 11. Il pm aveva chiesto che l’ex manager venisse condannato al massimo della pena, cioè a 24 anni di carcere. La pena è stata ridotta di un terzo però, grazie al “rito” scelto dai legali (per questo motivo, la richiesta definitiva era di sedici anni). Dopodiché, hanno preso la parola i difensori dell’uomo, gli avvocato Paolo Fava e Beniamino Migliucci, chiedendo che venissero fatte cadere quattro aggravanti su cinque. Ieri sera, dopo la lettura della sentenza, hanno annunciato che presenteranno ricorso in Corte d’appello. «C’è poco da dire: non siamo soddisfatti. Ora attendiamo le motivazioni. Siamo del parere, che diverse aggravanti andrebbero riviste», spiega il legale Fava, all’uscita dall’aula. Ma ecco le cinque aggravanti contestate dalla Procura: premeditazione (il giudice l’ha fatta cadere), futili motivi, minorata difesa della vittima (in quanto stava dormendo), efferatezza e aver agito nei confronti del coniuge. Brigitte Steger, la consorte dell’imputato, è ancora in vita ma le lesioni riportate dal suo cervello sono irreversibili. La donna è attaccata ad una macchina, che respira per lei. Come si temeva, Brigitte non ha più ripreso conoscenza e lo stato di coma è considerato dai medici irreversibile. Di fatto si tratta di una vita recisa, di un vero e proprio omicidio anche se formalmente l’imputazione ha fatto ovviamente riferimento solo al tentativo. Se Brigitte Steger fosse morta, difficilmente l’imputato - con un simile capo d’imputazione - avrebbe potuto evitare l’ergastolo. Durante il processo era presente la figlia maggiore della coppia, così come i fratelli della vittima. I tre figli sono stati risarciti dal padre con diverse centinaia di migliaia di euro. I cognati dell’uomo, invece, si sono costituiti parte civile.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità