«Profughi, l’Europa non vi lascia soli»

Il presidente della Commissione: «Tutti i Paesi devono collaborare con Italia e Grecia». Kompatscher: allarme populismo


di Francesca Gonzato


BOLZANO. No all’Europa dell’egoismo, degli Stati membri che prendono ciò che serve e rifiutano la solidarietà. No all’Europa usata come capro espiatorio, «ogni giorno portiamo noi la colpa di ogni problema». Jean-Claude Juncker è il primo presidente della Commissione europea arrivato in Alto Adige in visita ufficiale. Ieri mattina la sua presenza a Bolzano, per partecipare al convegno «70 anni Accordo di Parigi: autonomia e federalismo», organizzato da Provincia e Lub.Prima tappa per Juncker, atterrato a Verona, è stata piazza Magnago, per l’accoglienza d’onore, con i colpi sparati a salve, organizzata dal presidente Arno Kompatscher con gli Schützen, veri co-protagonisti di questo momento con il comandante Elmar Thaler schierato a fianco di Juncker e Kompatscher (ne parliamo nella pagina successiva).

Poi il colloquio privato tra Kompatscher e Juncker a Palazzo Widmann, per discutere di migranti, ruolo delle Regioni e Piano Juncker europeo di investimenti strategici. E infine l’appuntamento clou nella aula magna della Lub, esauriti i 600 posti, con Juncker accolto da una platea di sindaci («mi hanno detto che in sala ci sono 100 sindaci su 116, nemmeno Renzi riesce a fare tanto»), parlamentari, consiglieri e assessori provinciali, il vescovo Muser, il sindaco Caramaschi, l’ex presidente Durnwalder, autorità (molti invitati austriaci) e categorie. Juncker difende la Commissione europea per difendere il progetto europeo. «Nella mia lunga carriera politica ho capito che qui è di casa il buonsenso», esordisce. Tiene un discorso a braccio. Per sfatare l’immagine dell’eurocrazia grigia e finanziaria si concede battute e divagazioni, «andrò anche a Trento, mi hanno detto che si mangia bene», «hanno dato il mio nome al Piano Juncker, convinti che sarebbe stato un fallimento, adesso che funziona, qualcuno si è pentito». Ma punta ai nervi scoperti dell’Europa unita e dei rapporti tra Stati. «I confini possono essere dolorosi», racconta Juncker, indicando la maxi foto della stretta di mano Degasperi-Gruber : «Mi piace questo trittico di sudtirolesi, italiani ed europei costruito dopo la guerra. Vedo l’Alto Adige come una regione modello». Sui profughi Juncker non fa sconti: «Serve una solidarietà condivisa. Il problema non può essere scaricato sulle spalle di Italia e Grecia solo perché si trovano sul Mediterraneo. L’Italia fa sforzi enormi e li fa bene, ma non può essere tollerato che certi Stati membri non rispettino le decisioni assunte. E, aggiungo, la solidarietà vale per tutti, senza distinzione tra religioni». Non difende l’Ue a priori: «Senza sussidiarietà non può funzionare. La Commissione deve occuparsi dei grandi temi dei nostri tempi, non essere grande sulle cose piccole e piccola sulle grandi». Juncker pensa a una Ue che allarghi il raggio di azione, non che lo riduce: serve una politica estera europea, elenca, e una efficace difesa europea, «perché è illusorio pensare che gli Usa continueranno a garantire la difesa europea come siamo stati abituati», una politica commerciale, che difenda «i lavoratori europei dalla concorrenza sleale». Alternative? Non ne vede: «Dimentichiamo che siamo il continente più piccolo. Saremo sempre più piccoli e deboli, perché la demografia non ci aiuta. Sarebbe assurdo esistere come singole nazioni. Eppure in Europa si dice “facciamo da soli”». Promette aiuti all’Italia per il terremoto: «L’Ue deve ricostruire la cattedrale di Norcia». Kompatscher chiude il convegno «segnale di europeismo contro l’euroscetticismo». Condivide l’allarme sul populismo: «La risposta non è tornare agli Stati nazionali forti». Forse rispondendo alle polemiche assicura: «E noi, qui, non abbiamo desiderio di diventare un piccolo Stato».

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