L'appello

Psicologhe non abilitate, l’Ordine vince la causa 

Due donne laureate a Innsbruck svolgevano la professione in val Passiria: accolta in secondo grado la richiesta di risarcimento all’Ordine per i danni patrimoniali subiti  



BOLZANO. In Italia esistono dai primi anni del Novecento e, in estrema sintesi, il loro scopo è quello di garantire la qualità delle prestazioni erogate e la congruità degli onorari applicati dai loro iscritti. Si tratta degli ordini professionali a cui, per legge, conseguiti i necessari titoli di studio e le necessarie abilitazioni, è obbligatorio essere iscritti per poter svolgere alcune professioni.

Da questo presupposto, prende il via la vicenda che, d qualche tempo, vede contrapposto l’ordine degli psicologi dell’Alto Adige alla cooperativa sociale Eos.

Tutto ha avuto inizio nel 2017 con una segnalazione alla procura di Bolzano da parte dell’ordine degli psicologi secondo cui, a fronte di cospicui contributi provinciali per effettuare il servizio in Pusteria, Eos Cooperativa Sociale aveva assunto nel proprio organico ed adibito alle mansioni di psicologo due professioniste prive delle qualifiche legali richieste per l’esercizio della professione protetta di psicologo e psicoterapeuta.

Secondo l’ordine, insomma, per quel servizio, Eos aveva assunto consapevolmente due donne laureate all’università di Innsbruck, ma non iscritte all’albo e per questo chiedeva un risarcimento danni di 30 mila euro per esercizio abusivo della professione. La vicenda era arrivata in tribunale nel dicembre del 2018 e le richieste dell’ordine, assistito dall’avvocato bolzanino Christian Perathoner, erano state respinte, ritenendole infondate. Ordine che era stato anche condannato al pagamento di 4500 euro di spese processuali.

La qualità delle prestazioni della dottoressa che maggiormente aveva operato nel servizio organizzato da Eos non solo non era stata contestata, ma la professionista, secondo il giudice, pur non autorizzata a svolgere la professione in Italia, era sufficientemente qualificata a svolgere prestazioni psicologiche. Per questo non aveva arrecato nessun danno di immagine all’ordine. Per quanto riguarda il risarcimento, inoltre, il giudice, inoltre, aveva ritenuto che gli 8000 mila euro - 4500 l’una, 3500 l’altra - pagati all’ordine dalle due donne, entrambe destinatarie di un decreto penale di condanna, valessero come saldo per il danno arrecato all’ordine stesso.

L’avvocato Perathoner aveva impugnato la sentenza e, nei giorni scorsi, la sezione civile della sede distaccata di Bolzano della Corte d’appello di Trento ha ribaltato la sentenza di primo grado, stabilendo che «l’ordine degli psicologi di Bolzano ha subito danni sia patrimoniali sia non patrimoniali a causa del comportamento di Eos cooperativa sociale».

Danni quantificati in via equitativa in 5000 euro: somma che la cooperativa Eos è stata condannata a pagare, come risarcimento, all’ordine stesso. «La Corte d’appello – ha commentato l’avvocato Perathoner – ha così stabilito che, in tema di risarcimento del danno a favore di un ordine professionale per esercizio abusivo della professione da parte di terzo “il diritto risarcitorio è quindi ritenuto ammissibile quando non abbia come unico fondamento l’asserita lesione degli interessi morali della categoria, ma anche il pregiudizio di carattere patrimoniale che, sia pure indirettamente, sia derivato ai professionisti regolarmente iscritti, dalla concorrenza sleale posta in essere in un determinato contesto territoriale dall’autore del fatto”».













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