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di Massimiliano Bona


BOLZANO. Così, di primo acchito, sembra di avere a che fare con un esercito di portaborse. Sono centinaia, tutti giovani e laureati, ma appena parli con uno di loro ti accorgi subito che sono preparatissimi e hanno poco o nulla a che fare con i loro colleghi romani. Stiamo parlando dei giovani assistenti dei parlamentari europei. Tra loro, dal 2008, a Bruxelles c'è anche Giovanni Enghelmaier, 28enne di Salorno, uno dei tanti cervelli in fuga dall'Alto Adige che - esito delle elezioni permettendo - continuerebbe volentieri a lavorare per il Parlamento europeo. La differenza, con i portaborse romani, è che questi talenti emergenti preparano testi di legge, emendamenti, rapporti di iniziativa e interrogazioni. E possono assistere anche alle sedute assieme all'eurodeputato che li ha assunti.

Ma come è arrivato a Bruxelles?

«Ho iniziato nel 2008 con uno stage presso il Consiglio dell'Unione europea al servizio legale Ecofin, che si occupa di economia, finanza, agricoltura e pesca. Ho proseguito all'ufficio di rappresentanza a Bruxelles della Provincia di Bolzano e nel luglio 2009 ho iniziato a lavorare per l'onorevole Dorfmann».

Cosa ha studiato?

«Mi sono laureato in giurisprudenza a Trento e dei cinque anni di studio uno l'ho trascorso in Germania e un altro in Francia. Ho focalizzato i miei studi sul diritto europeo e internazionale. Prima ho preso il diploma di perito agroindustriale a San Michele all'Adige».

Quando è arrivato in Belgio nel 2008 pensava si trattasse solo di un'esperienza transitoria?

«Essendo arrivato qui per uno stage non mi sono fatto tante domande sul futuro e diciamo che non avrei scommesso di restarci».

Dopo quasi sei anni ha mai pensato di stabilirsi all’estero in pianta stabile?

«Non credo che passerò la mia vita in Belgio. Bisogna tener conto invece che lavorare al Parlamento europeo porta al paradosso di vivere in una sorta di bolla di sapone dove lingue e culture si intrecciano e ci accorgiamo solo in parte di essere in Belgio. La città stessa non ci fa sentire stranieri e molte volte quando incontriamo un vero residente gli chiediamo stupiti: ma sei proprio di Bruxelles?».

Si considera un cervello in fuga?

«La libera circolazione favorisce lo spostamento dei giovani e ci consente di scegliere. Nel mio caso, visto di Parlamento europeo ce n'è uno solo, rimanere in Italia sarebbe stato difficile. In Belgio comunque è pieno di italiani che fanno ogni mestiere, dall'ingegnere al cameriere».

Consiglieresti ad altri la tua esperienza?

«Assolutamente si, anche se vuol dire restare lontani dalla famiglia e dagli amici».

Com'è cambiata la sua vita di tutti i giorni?

«Bruxelles è una città molto vivace e il quartiere europeo lo è ancora di più. Capita di uscire di casa e trovare le strade bloccate perché i ministri europei si riuniscono o di essere in Parlamento e di trovare Schwarzenegger in giacca e cravatta per un incontro istituzionale. Se si viene invitati a cena bisogna essere abbastanza in forma per passare agevolmente da una lingua all'altra ma anche essere pronti ad assaggiare qualsiasi piatto tipico venga proposto».

Quali sono i suoi prossimi obiettivi privati e professionali?

«In questi anni, seguendo da vicino la politica, mi sono reso conto che con il mio lavoro bisogna essere pronti a cambiare i propri programmi. Per questo fino al 25 maggio il mio traguardo sono le elezioni europee. La sfida più grande è quella di spiegare il lavoro che abbiamo fatto nell’ultima legislatura cercando di avvicinare i cittadini all’Europa».

Cosa direbbe oggi ai tanti euroscettici?

«Beh, grazie all'Ue, dopo due guerre mondiali, gli Stati membri sono in pace e vivono abbastanza bene. Certo, disoccupazione e crisi hanno aumentato il numero degli euroscettici, a cui chiedo però: preferite i politici che provano a lavorare, magari sbagliando e portando avanti le proprie convinzioni, o quelli che si defilano e scuotono la testa mentre gli altri lavorano e si ricordano di Bruxelles solo durante le elezioni?».

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