Schwazer vittima di un complotto Il campione di urine fu manipolato 

Clamorosa ordinanza del giudice Walter Pelino. Disposta l’archiviazione delle accuse mosse all’ex marciatore azzurro per il secondo caso di doping che però si è rivelato una trappola per eliminare Alex dalle competizioni mondiali. Falso ideologico e frode processuale


Mario Bertoldi


Bolzano. Sul caso di Alex Schwazer siamo alla svolta. Il giudice delle indagini preliminari Walter Pelino ha infatti disposto la definitiva archiviazione del procedimento avviato nei confronti dell’ex marciatore azzurro con motivazioni che porteranno molto probabilmente a nuove clamorose tappe giudiziarie. Il giudice infatti «ritiene accertato con alto grado di credibilità razionale - si legge nell’ordinanza di archiviazione - che i campioni di urina prelevati a Schwazer il primo gennaio 2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica ed il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore Sandro Donati».

Parole pesanti come macigni in grado di mettere in subbuglio la gestione mondiale dell’atletica con un atleta italiano che si è visto la carriera stroncata probabilmente per punizione. Alex potrebbe essere stato stroncato cioè per aver rivelato che in alcuni casi il doping ai “piani alti” è tollerato perché così succede in tutto il mondo ed il successo anche nello sport ha le sue regole non scritte e clandestine. Dal procedimento penale a carico di Alex Schwazer (dopo il secondo presunto caso di doping in realtà inesistente) escono sconfitte la Wada (l’agenzia mondiale antidoping), la Federazione italiana di atletica leggera e la Iaaf, l’associazione internazionale delle Federazioni di atletica che si erano costituite in giudizio come parti offese.

L’ex marciatore azzurro aveva sempre sostenuto di essere rimasto vittima di un complotto ed aveva ragione. L’ordinanza del giudice Pelino rileva anche comportamenti penalmente perseguibili a carico di chi avrebbe tentato di impedire, di fatto, gli accertamenti tecnici disposti dal tribunale e che hanno evidenziato risultati anomali e privi di credibilità scientifica. In primo luogo sulla questione della concentrazione assolutamente anomala del Dna riscontrata nel campione di urina di Schwazer.

Si tratta di dati che non hanno mai trovato alcuna spiegazione scientifica. In un microlitro di urina una persona normale può avere una concentrazione massima di Dna compresa tra i 50 ed i 150 picogrammi. Nelle urine di Schwazer sottoposte ad analisi il primo gennaio 2016 (nelle quali emerse la traccia di testosterone che portò alla maxi squalifica) la densità rilevata di Dna fu di 11.164 picogrammi. Un’anomalia fuori discussione, afferma il giudice. Ed è un dato che legittima l’ipotesi della manipolazione delle urine per incastrare il campione altoatesino e stroncargli la carriera sportiva. Un obiettivo perseguito con pervicacia. Per cercare di smontare l’anomalia scientifica emersa sarebbe stato messo in atto addirittura un tentativo di falsare i dati a contraddittorio finito tra consulenti (per evitare eventuali possibili ulteriori contestazioni) arrivando a consegnare al giudice una tabella con dati risultati fasulli. Il tutto al fine di tentare di confutare le conclusioni del perito e cioè del colonnello Lago.

Nell’ordinanza del giudice Pelino (di 85 pagine) si ricostruiscono nel dettaglio diversi aspetti alquanto critici dell’intera vicenda compresa l’opposizione a consegnare 10 ml (come quantità minima per l’effettuazione di indagini genetiche) del campione B delle urine di Schwazer, previsto a garanzia dell’atleta.

Al giudice Pelino prima e alla Corte d’appello di Colonia poi fu fatto credere che la disponibilità di urina fosse di soli 6 ml (in realtà ne erano disponibili 18) nel palese tentativo di rendere problematici alcuni accertamenti scientifici.

E così nell’ordinanza il giudice rileva una serie di reati (frode processuale, falso ideologico e diffamazione) e restituisce gli atti alla Procura per «le valutazioni di competenza». L’indagine - si ricorda nell’ordinanza - ha evidenziato che vi furono anche pressioni sul laboratorio di Colonia perché si allineasse sulle posizioni della Iaaf e si opponesse alla consegna dei campioni delle urine incriminate (in particolare del campione B).

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