Senato, Palermo lascia «Torno all’università»

Il senatore non si ricandiderà alle politiche: «L’avevo detto, non cambierò idea» Il Senato salvato dal referendum: «Il clima di smobilitazione è già passato»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Il Senato è stato salvato dal referendum costituzionale, ma non sarà questo che farà cambiare idea a Francesco Palermo. Il senatore del Gruppo per le autonomie non si ricandiderà alle prossime elezioni politiche. Lo confermava ieri dal treno che lo stava portando a Roma per il voto di fiducia al governo Gentiloni, atteso oggi al Senato. Palermo, professore di diritto pubblico comparato all’Università di Verona, è stato nel 2013 un candidato anomalo, estraneo alla politica attiva, individuato da Svp e Pd per succedere a Oskar Peterlini nel collegio Bolzano-Bassa Atesina. È anche presidente della Commissione dei Sei.

Anche lei non si ricandiderà?

«Ho pensato dall’inizio che la mia esperienza dovesse essere legata a una sola legislatura, per preservare un profilo di indipendenza, legato a un progetto a termine. Torno a insegnare. La politica non è mai stata la mia professione e non è la mia vocazione. Non cambierò idea, anche se ci sono cose che richiederebbero più tempo».

Ad esempio?

«Un lavoro culturale sui rapporti del nostro territorio con Roma, per non essere solo quelli che chiedono. E continuo a pensare che sia fondamentale il progetto di convivenza legato alla mia candidatura. Non è stata una operazione insignificante candidare un italiano con un certo profilo, dopo Peterlini. Il progetto era decollato, poi ha subito un rinculo. Probabilmente sono dinamiche complesse, che procedono due passi avanti e uno indietro... Non è tempo di bilanci, perché come minimo avremo davanti alcuni mesi di lavoro, ma la considero una stagione produttiva. È stato avviato il cantiere sullo Statuto, che frena per effetto del referendum costituzionale, ma intanto si è innescata una consapevolezza diversa. La riforma costituzionale è stato un lavoro interessante: peccato che sia finito nei cassetti, anche se non ho nascosto alcuni dubbi sul testo. Nella Commissione dei Sei abbiamo prodotto molte norme di attuazione».

Non li considera anni persi?

«No. È un onore essere stato scelto per rappresentare i cittadini. Conosci le persone, il potere, i progetti che riesci a portare avanti e la solitudine».

Cosa si aspetta nei prossimi mesi prima delle elezioni?

«Se, come sembra, il nostro gruppo al Senato avrà un peso ancora superiore, immagino che ci sarà molto lavoro, soprattutto nella Commissione dei Sei e dei Dodici con le norme di attuazione in sospeso».

Come è il clima a Palazzo Madama dopo il referendum?

«Negli ultimi mesi c’era un clima di smobilitazione. Dopo il voto non sono mancati i sorrisi soddisfatti, è ovvio... Mi sembra che si stia ripartendo. Gentiloni con il suo discorso alla Camera di oggi (ieri, ndr) ha consegnato il cerino in mano ai partiti, sottolineando che il governo durerà fino a quando reggerà la fiducia».

Chi immagina come successore?

«Non c’è più una differenza marcata tra politica e società civile. Lo abbiamo appena visto nella campagna referendaria. Immagino che possa arrivare qualcuno estraneo ai partiti ma con caratteristiche politiche».

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