Sirene e le note di Vasco per l’addio a Max Piacenza

In uniforme i colleghi della Cri che hanno cantato e pianto per ricordare l’amico Almeno 500 persone hanno gremito la chiesa e il piazzale a San Pio X in via Resia


di Alan Conti


BOLZANO. Tre giri di sirena delle ambulanze ricordano alle strade di Don Bosco che la Croce Rossa altoatesina piange una delle sue colonne. La canzone “Vita Spericolata” di Vasco Rossi, cantata intensamente dai suoi colleghi, e il Silenzio calato dalla tromba di un carabiniere ricordano un percorso capace di lasciare un segno, nel sorriso e nel pianto. Il racconto dell’ultimo saluto a Massimo Piacenza, 49 anni di cui la metà spesi in Croce Rossa, non può che iniziare dal fondo, nell’esatto momento in cui tutti hanno voluto dimostrare il proprio omaggio al ricordo di un’amicizia, di un sorriso.

Erano almeno cinquecento, ieri, i bolzanini che si sono ritrovati all’interno della chiesa di San Pio X a Don Bosco per il funerale celebrato dal cappellano di Laives Massimiliano De Franceschi, volontario della Croce Rossa.

Ci sono i tantissimi colleghi con le uniformi di soccorso, ma anche rappresentanti della protezione civile, della fanteria, della polizia municipale e dei carabinieri. Tra i volti noti il consigliere comunale Marco Caruso e l’ex deputato Giorgio Holzmann. Vicino a una panca c’è anche Emi, la cocker nera di Massimo. Non tutti ce la fanno a entrare in chiesa e diversi rimangono sul sagrato ad aspettare di salutare il feretro.

A celebrare la messa, come detto, De Franceschi che sceglie il passo del vangelo di Luca che parla dei discepoli di Emmaus. «Da quando ci ha raggiunto la notizia della scomparsa di Massimo - dice il sacerdote nell’omelia - sono state molte le reazioni. Ognuno di noi è stato sopraffatto dall’ondata dei ricordi. E proprio i ricordi, come dice l’etimologia, sono legati al cuore. Le cose importanti si conservano con loro».

Un cuore aperto per tutti quello di Massimo. «Molti sono stati in cammino con lui e durante queste esperienze hanno trovato le sue parole, poche e misurate, che hanno attecchito dentro di noi. Esperienze e gesti che sono in grado di far sentire la sua presenza e che permettono al seme della sua vita di germogliare nella nostra».

Il parallelo con la parabola, poi, si articola anche sulla concezione di traguardo nella crescita. «Da uomo sportivo Massimo non ha mai trovato grandi difficoltà a fissarlo e poi decidere come affrontarlo, cosa affrontare e con chi e in questo modo è stato capace di costruire il suo ponte, sassolino dopo sassolino». Il suo e di chi, anche solo per un tratto, lo ha percorso assieme a lui.

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