«Tagli in faccia per farla soffrire» 

Il giudice rivela in sentenza alcuni aspetti inediti dell’omicidio Riffeser. Pienamente confermata l’aggravante della crudeltà «Johannes Beutel(condannato a 30 anni) agì in uno stato emozionale e passionale rilevante ma era perfettamente in grado di capire cosa facesse»


Mario Bertoldi


Bolzano. Un’esplosione di rabbia repressa, sfociata in un’azione omicidiaria caratterizzata anche da forme palesi di crudeltà nei confronti della vittima. E’ questa, in sintesi, la ricostruzione della tragedia che emerge dalle motivazioni della condanna a 30 anni di reclusione disposta dal giudice dell’udienza preliminare Emilio Schönsberg nei confronti di Johannes Beutel. L’imputato ha evitato l’ergastolo solo grazie al rito abbreviato scelto dai suoi legali. La sentenza confermò in toto l’impostazione giuridica della Procura. L’austriaco di 39 anni in carcere per aver massacrato la moglie Alexandra Riffeser con 43 coltellate nella loro casa di Quarazze (Lagundo) , è stato riconosciuto responsabile di omicidio volontario pluriaggravato della moglie dalla quale si stava separando.

Aggravanti e attenuanti.

In sentenza il giudice ha riconosciuto anche le aggravanti di aver agito nei confronti della coniuge (ovviamente non contestabile) e di aver agito con crudeltà. L’uomo ha dunque evitato l’ergastolo solo grazie allo sconto previsto dal rito abbreviato. Il giudice non ha seguito l’impostazione giuridica della Procura in un solo punto: ha cioè riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche che però sono state giudicate “minus valenti” rispetto alle due aggravanti contestate, senza alcuna conseguenza concreta sulla quantificazione della pena. . Si tratta di una valutazione che non ha comportato effetti concreti nella quantificazione della pena. La difesa, però, che ha già depositato appello (con una memoria di 70 pagine) si giocherà tutto proprio sulla valutazione e sul bilanciamento tra aggravanti ed attenuanti. Il tentativo sarà quello di far saltare i presupposti giuridici che hanno portato ad una condanna all’ergastolo mitigata in 30 anni di reclusione per effetto del rito.

La crudeltà.

Uno dei punti decisivi nella sentenza del giudice Emilio Schönsberg riguarda i presunti atti di crudeltà che caratterizzarono l’azione dell’omicida. Come indicato anche di recente dalla Corte di Cassazione non si tratta di una valutazione legata alla reiterazione dei colpi di coltello inferti alla vittima. Agli atti del processo c’ è di più e cioè c’è la prova che Johannes Beutel massacrò la moglie utilizzando tre coltelli diversi, colpendola a ripetizione in tre punti diversi della casa (dunque non in un’unica azione derivante da un raptus) e cioè in cucina, sul corridoio e all’esterno della porta d’ingresso. L’autopsia accertò che alla donna furono inferte lesioni che andavano ben al di là dell’intento omicida. Alexandra Riffeser fu più volte colpita anche in viso e sul collo proprio per infliggerle più dolore. L’autopsia rilevò poi la presenza di ferite da difesa in quanto la vittima tentò disperatamente sino all’ultimo di sottrarsi alle coltellate del marito.

L’imputabilità.

Un altro punto essenziale della sentenza di primo grado riguarda la capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto. Jahnnes Beutel è anche stato accusato di aver tentato di ingannare l’esito degli accertamenti effettuati dai periti con somministrazione di test specifici. Il giudice non è nemmeno entrato nella questione ritenendo che agli atti del processo non vi sia nulla, da un punto di vista psico-patologico, che possa far pensare a problemi di lucidità mentale. Johannes Beutel, dunque, va clinicamente considerato perfettamente in grado di intendere di volere e, dunque, pienamente imputabile.

Nessuna provocazione.

E’ vero che in paio di volte, prima della tragedia, Johannes Beutel aveva fatto ricorso a dei farmaci per dormire. Ma non si tratta di medicine in grado di avere conseguenze sulla psiche. Nè le foto erotiche che la moglie (ormai in fase di divorzio) aveva inviato al suo nuovo compagno possono essere considerate una “provocazione” (come invece sostiene la difesa). Ovviamente Beutel agì in uno stato emozionale e passionale rilevante che però per la Cassazione non può mai essere considerato psichicamente invalidante.

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