Bolzano

Tamponi fasulli, anche in Alto Adige è caccia ai pagamenti

L’inchiesta sui tamponi truffaldini si sta allargando di giorno in giorno ed ormai ha coinvolto tutta la regione. Ai Nas l’indicazione dei potenziali indagati



BOLZANO. L’inchiesta sui tamponi truffaldini si sta allargando di giorno in giorno ed ormai ha coinvolto tutta la regione. Alcuni funzionari dell’Azienda sanitaria altoatesina hanno consegnato ai carabinieri dei Nas l’elenco delle 31 persone fortemente sospettate di aver approfittato delle proprie mansioni per caricare sulla piattaforma informatica dell’Asl falsi documenti e attestazioni su vaccinazioni mai fatte o su positività in realtà mai riscontrate (per poi attestare l’avvenuta guarigione con conseguente diritto al green pass).

I carabinieri hanno svolto ulteriori accertamenti con nuovi interrogatori. Dopo la clamorosa inchiesta scattata in Trentino (dove a Pergine è stato chiuso un ambulatorio vaccinale pronto a fornire false attestazioni su commissione e a pagamento) anche in Alto Adige si sta cercando di trovare eventuali prove di corruzione da parte di operatori senza scrupoli. A Pergine sono stati sequestrati 120 mila euro ottenuti grazie per il rilascio di attestazioni di comodo. Un altro ambulatorio è stato chiuso anche a Trento in via Senesi. In Trentino gli inquisiti sono cinque tra cui Gabrielle Macinati, infermiere di 47 anni, responsabile dei due ambulatori. Sono tutti indagati per associazione a delinquere, corruzione, falso e accesso abusivo al sistema informatico collegato con l’Azienda sanitaria ed il Ministero.

L’indagine è partita quando è stato segnalato un enorme via e vai al centro tamponi di Pergine. Tutto frutto del prezzo più basso di quello di mercato al quale venivano effettuati? Dal 15 ottobre al 15 dicembre - secondo gli investigatori - sono stati inseriti una media di 500/600 risultati di tamponi al giorno mentre dalle verifiche effettuate dalle forze dell’ordine che si sono appostate fuori dal centro non ne venivano fatti più di 400/500. Lo scostamento, sempre secondo l’accusa è di almeno 50 -100 persone al giorno alle quali sarebbe stato rilasciato poi un green pass senza alcun tampone reale. Gli investigatori contestano anche un incongruenza sui tempi di effettuazione del tampone e il risultato.

«Meno di due minuti, troppo poco per inserire i dati, effettuare il tampone ed ottenere il risultato», spiegano. Come detto nel corso della perquisizione scattata venerdì mattina sono stati posti sotto sequestro un totale di 120 mila euro in contanti. Sono stati poi posti sotto sequestro i telefoni cellulari, i computer e molta documentazione che è al vaglio degli inquirenti. Al momento all’infermiere coinvolto (principale indagato) è stata bloccata la password per l’accesso al sistema e questo di fatto impedisce al centro di Pergine, ma anche a quello aperto a Trento appena otto giorni fa, di effettuare altri tamponi.

Secondo gli investigatori poi, non veniva rispettata la regola che solo l’infermiere poteva avere accesso al sistema di inserimento dati mentre sarebbe provato che i dati venivano inseriti anche dalla moglie e dai collaboratori. Il giro d’affari, al di là degli illeciti contestati, era comunque particolarmente alto se si pensa che nei due mesi controllati il gruppo aveva inserito circa 35 mila tamponi, con un incasso di 350 mila euro considerato che ogni test veniva pagato 10 euro. Ma gli investigatori stanno verificando anche se la cifra non sia più alta visto che tra i contanti sono state trovate anche banconote da 500 euro e da 100 euro. Ora anche in Alto Adige verranno verificate tracce di eventuali pagamenti illeciti.













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