Teatro: con Molière si alza il sipario a Bolzano
Parte la stagione dello Stabile con «Il malato immaginario»
BOLZANO. L'atteso debutto de «Il malato immaginario» è fissato per giovedì 4 novembre nella sala grande del Teatro Comunale di Bolzano, con repliche fino al 7. Poi lo spettacolo si trasferirà al teatro Puccini di Merano (10 novembre), nella Haus Michael Pacher di Brunico (il giorno 12), nel Forum di Bressanone (il 14) e sul palcoscenico del Teatro Comunale di Vipiteno (il 16), e poi anche nella stagione del Centro Santa Chiara di Trento, per poi iniziare una lunga tournée in molti e importanti teatri italiani.
Quando Jean Baptiste Molière si accinse a scrivere le commedie del cosiddetto "ciclo della medicina" era scrittore e attore affermato. Esauriti i giovanili anni di pellegrinaggio per la Francia, nel 1658 ottenne i primi successi parigini e soprattutto i favori di re Luigi XIV, che rimanse affascinato dalla bellezza de "La scuola delle mogli", commedia rappresentata presso il Palais Royal, tanto da invitare Molière a provvedere agli spettacoli di prosa in occasione delle feste predisposte per l'inaugurazione ufficiale della reggia di Versailles nel 1664.
In quell'occasione furono allestite con esiti trionfali "La principessa d'Elide" e "Tartufo", pungente satira contro l'ipocrisia e la religione che provocò dure reazioni da parte degli ambienti clericali, pari a quelle manifestate nei riguardi di "Don Giovanni", commedia messa al bando dopo il debutto presso la corte di re Sole. La satira della società e dei costumi ora si spostò sul versante della medianica, e fu la vita del commediografo ad offrire diversi spunti alla stesura de "L'amore medico", originale critica amara e violenta della scienza medica, che precede di poco la tubercolosi che inchiodò a letto l'autore per diversi medi, duranti in quali, tra le varie visite dei medici, scrisse "Il misantropo".
Altri trionfi accompagnarono la carriera, da "George Dandin" a "Tartufo", fino a "Il malato immaginario", trentesima opera teatrale rappresentata per la prima volta il 10 febbraio 1673 sul prestigioso palcoscenico del Palais Royal. Alla quarta replica Molière, nella parte del titolo, si sente male. Il gioco crudele e beffardo del destino lo costringe, malato veramente, a dare vita ad un personaggio che non soltanto non lo è, ma finge di esserlo. Verso la fine della recita, l'attore ha un eccesso di tosse, che nasconde con un riso beffardo. Riesce a terminare lo spettacolo, viene portato a casa riverso nella poltrona di scena e muore tra le braccia di due suore. Sarà sepolto, di notte e senza esequie solenni, nel cimitero di San Giuseppe. Al centro di questo ultimo capolavoro comico si pone la figura maniacale del vecchio Argante, il malato immaginario tanto da voler imporre alla figlia Angelica, innamorata di Cleante, il giovane medico Tommaso Diarroicus, chiamato a consulto assieme al padre al suo letto d'infermo. Ma il fratello Beraldo e la serva Tonina, travestita da medico in una scena di straordinaria comicità, lo mettono in guardia contro questi medici ciarlatani. In un secondo momento Argante, fingendosi morto, scopre quanto fosse ipocrita l'attaccamento della moglie Bellina, avida e fedifraga, e invece vero il sentimento della figlia Beatrice. Oggetto di critica della commedia sono, perciò, tanto il malato quanto i medici. La mania del primo coincide con quella dei secondi. Argante e i suoi terapeuti diventano il simbolo dell'illusione dell'uomo, colto nelle sue debolezze e imprigionato nei propri miti. Vero è che i medici si presentano egoisti ed ipocriti, ma sono tali in quanto uomini. Del resto, sostiene il drammaturgo francese, la medicina non è scientifica. Così per il borghese Argante essa è vissuta come strategia per allontanare lo spettro della morte e alleviare il peso della vita, soprattutto la sua condizione di solitudine, vissuta con lo spirito dell'eterno bambino che desidera essere amato da chi lo circonda. Non a caso l'astuta moglie lo chiama sempre "figlio mio".
Personaggio simbolo del teatro comico, Argante è stato interpretato dagli attori più importanti dello spettacolo italiano, da Romolo Valli a Franco Parenti, Giulio Borsetti e Franco Branciaroli. Insomma, un superclassico del teatro in tutta Europa ma anche in Italia.
Nell'edizione prodotta da Teatro Stabile di Bolzano e firmata dalla regia di Marco Bernardi, il ruolo compete a Paolo Bonacelli, affiancato da Giovanna Rossi (Bellina), Gaia Insenga (Angelica,), Xenia Betivori (Luigina), Carlo Simoni (Beraldo), Massimo Nicolini (Cleante), Libero Sansavini (Il Dottor Diarroicus), Fabrizio Martorelli (Tommaso Diarroicus), Roberto Tesconi (Il Dottor Purgon), Maurizio Ranieri (Il Signor Olenti), Riccardo Zini (Il Signor Buonafede), Patrizia Milani (Tonina).
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