LA STORIA

Tra night e jazz, gli “antenati” dei gruppi beat di Bolzano 

Four Happy e Barracuda:  nei primi anni ’60 sono stati i precursori di tutte le band bolzanine. Suonavano tutti i giorni nel club e a sentirli andava anche Benedetti Michelangeli. In tour con il grande Nini Rosso


Paolo Crazy Carnevale


Bolzano. Le ricche cronache riguardanti la Bolzano musicale degli anni sessanta ci hanno quasi sempre raccontato storie riguardanti il proliferare di complessi beat, complessi legati ai festival studenteschi, all’insegna dell’infuriare di ritmi forsennati mutuati da Shadows, Beatles e Rolling Stones; il tutto privilegiando le gesta di Full, Dedy Cemm, King’s Friends, Satellites prima e di We e Cormorani poi.

Ma nel turbinare di band composte da giovani studenti delle superiori in cerca d’affermazione (per qualcuno i momenti di gloria e fama ci sarebbero davvero stati!), a Bolzano si muoveva una scena musicale non dissimile ma impersonata da ragazzi poco più grandi che battevano la via di un semi-professionismo rigoroso, ragazzi che si esibivano in sale da ballo e club per un pubblico leggermente più adulto di quello dei teatri parrocchiali e del festival studentesco, magari con un orecchio sempre attento alla musica del momento e l’altro più concentrato sui classici.

I Four Happy

Le foto dell’epoca ci raccontano di quattro ragazzi sorridenti e spensierati, nei loro completi bianchi, con tanto di scudetto col nome ricamato all’altezza del taschino della giacca: Four Happy.

«C’erano Marietto Valmasoni al basso – ricorda oggi Vito Bruno –, Mario Viadana alla batteria e il pianista Franco Interdonato, io suonavo la chitarra e cantavo. Siamo stati insieme tre anni, dal 1963 al 1966, divertendoci e suonando tantissimo in giro. Avevamo investito abbastanza nella strumentazione, all’epoca il negozio di riferimento era Plaschke, in via Bottai, acquistando un impianto voci all’ultimo grido per l’epoca».

Four Happy e Barracuda: gli "antenati" delle band di Bolzano

Four Happy e Barracuda sono state le prime due band che a Bolzano hanno anticipato l'esplosione del beat e del rock. Foto: Archivio Valmasoni

Le sale prove, negli anni sessanta, erano un lusso che non tutti potevano permettersi e per i Four Happy l’unico modo di imbastire il proprio repertorio era quello di trovarsi un giorno a casa dell’uno, un giorno a casa dell’altro per scegliere i brani, gli arrangiamenti strumentali e, soprattutto, quelli vocali, visto che il complesso puntava molto su quelli: «Fondamentalmente il repertorio era basato su musica italiana – prosegue il chitarrista – avevamo quel centinaio di pezzi classici che non potevano mancare, ma per il resto erano tutti successi del momento perché i nostri ingaggi erano in locali in cui la gente si recava per ballare. Suonavamo a Villa Boscoverde, al Virgolo, avevamo i pomeriggi danzanti al Torchio, fino a quando non arrivò un ingaggio fisso in Val Gardena, a Ortisei, dove per parecchio tempo ci siamo esibiti quasi tutte le sere. Una notte tornando da lì facemmo anche un brutto incidente con la macchina, non ci facemmo niente per miracolo, ma nello stesso posto quattro ore dopo morì un militare. È una cosa che ci è rimasta parecchio impressa».

Nel corso del lungo ingaggio gardenese i Four Happy si esibirono spesso davanti a personaggi illustri, da Sandro Ciotti al pianista Gabriele Lorenzi che allora si esibiva in zona coi suoi Samurai ma poco dopo avrebbe fatto parte della Formula Tre accompagnando Lucio Battisti. In occasione di una rivista musicale a Mantova i Four Happy accompagnarono anche la cantante Brunella, nipote del batterista Viadana, per la quale fecero anche da backing band in un 45 giri(col nome trascritto come Four Happye’s).

I Barracuda

Scorrendo le stesse foto d’epoca, rigorosamente in un fascinoso bianco e nero, c’imbattiamo in una in cui il bassista Marietto Valmasoni è entrato nel frattempo a far parte di un nuovo quartetto, denominato Barracuda ma spesso trascritto dalla stampa come Barracudas: è il primo ottobre del 1966 e il bassista si accompagna ora al chitarrista Cesare Gagliardi, al batterista Oscar Dalvit e al tastierista Claudio Caramani.

La foto ritrae i quattro insieme al trombettista Nini Rosso (famosissimo per la sua versione del Silenzio, che avrebbero accompagnato anche in tour) in occasione del veglionissimo del C.U.C. (il Circolo Universitario Cittadino) bolzanino.

«Quello che ci distingueva dagli altri complessi – ci racconta Cesare Gagliardi – era innanzitutto la strumentazione, avevamo la fortuna di avere un organo hammond e poi usavamo lo xilofono per cercare di imitare il suono dei gruppi che avevano il vibrafono. Rispetto alla media eravamo un po’ più pretenziosi, perché avevamo potuto studiare musica un po’ più degli altri, in particolare Claudio Caramani che della musica ha fatto poi la sua professione. Il jazz era il nostro riferimento, per cui pur suonando come gli altri in locali dove si ballava, puntavamo sui crooner in stile Frank Sinatra. Eravamo talmente fissati col jazz che un giorno che qualcuno ci chiese di suonare un brano dei Beatles ci permettemmo di criticarlo, anche se poi fu chiaro che per suonare in giro bisognava anche fare i conti con la loro musica».

Tra i night e il Jazz

Tra gli ingaggi principali c’erano quelli nei night come Navarro e Florida, dove più che per ballare gli avventori si recavano per stare in compagnia, ma erano molto gettonate anche le serate alla taverna San Quirino, che si trovava di fronte alla scuola.

«Era il locale dove si trovavano gli attori del Teatro Stabile – prosegue Gagliardi –, quando terminavano le prove o gli spettacoli arrivavano tutti giù alla taverna, mi ricordo ad esempio una Mariangela Melato alle prime armi. Era una specie di ritrovo degli artisti e noi ci eravamo dentro. Ci veniva anche Arturo Benedetti Michelangeli».

Tra il 1966 ed il 1967, i Barracuda si recarono a Milano per incidere un 45 giri con due brani Night Time e Cara Lin, entrambi cover in chiave garage di brani degli statunitensi Strangeloves.

Giusto per fare anche l’esperienza della sala d’incisione.

Il singolo, ormai di impossibile reperibilità, è stato battuto ad un’asta su e-bay a 401 euro nel 2011, ma è anche riproposto (a insaputa dei protagonisti) sia su un 33 giri che su un CD dedicati ai gruppi “oscuri” del beat italiano. La loro storia è poi proseguita all’incirca fino a metà anni settanta, quando tutti, a parte Caramani, scelsero di intraprendere altre strade professionali.

(Tutte le foto Archivio Famiglia Valmasoni)

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