Tragedia in Svizzera Muore Uli Emanuele

Il base jumper si era lanciato per girare un video spettacolare per la GoPro Aveva 30 anni, era considerato uno dei massimi esperti a livello mondiale


di Alan Conti


BOLZANO. «Il rischio fa parte di quello che facciamo, ma va vissuto in modo intimo. Senza sottovalutarlo nè sbandierarlo». Uli Emanuele, 30 anni, rispondeva così quando gli si chiedeva di commentare le tragedie che colpivano chi pratica uno sport estremo. L’altra sera a Pineta di Laives è arrivata la terribile notizia della sua morte sulle montagne svizzere a Lauterbrunnen (cantone di Berna) durante uno dei suoi salti. Si trovava in Svizzera per realizzare un video commissionato da GoPro: faceva il cameraman. Un appuntamento di lavoro, dunque, perché da qualche mese il base jumper di Laives era riuscito a coronare il sogno di fare del wingsuit (il volo con la tuta alare) una professione. Si sono lanciati in tre, assieme, dalla Black Line Exit sulla Muerrenfluh, sopra Lauterbrunnen. L'altoatesino stava seguendo in volo, a pochi metri di distanza, un amico, quando qualcosa è andato storto. Dopo una curva a destra ha perso stabilità, ha iniziato ad avvitarsi, per poi schiantarsi contro la parete. La sua salma è stata recuperata dall'elisoccorso svizzero, che lo stesso giorno era già intervento per un altro base jumper, morto a sua volta. Emanuele è stato il secondo a saltare. Difficile, adesso, capire cosa possa essere successo durante il volo. Di certo il ventinovenne di Laives non rischiava mai un centimetro più del necessario. «È importante che si sappia - sottolinea la sorella Marta - che mio fratello era uno capace di farsi dieci ore di cammino in montagna, arrivare al punto di stacco e tornare indietro perché vedeva una nuvoletta che non lo convinceva. Ogni suo volo era ponderato, studiato, seguito e analizzato nel dettaglio. Si comportava da assoluto professionista».

Mercoledì sera alcuni amici sono corsi a casa dei genitori di Uli per riportare la tragica notizia. Suo padre è stato paracadutista e da lui Uli aveva ereditato la passione per il volo da giovanissimo. Era tornato a vivere con loro da quando aveva intrapreso la carriera professionistica aprendo una partita Iva. Prima, per qualche mese, aveva vissuto proprio in Svizzera nella zona dove ha perso la vita. Conosceva quelle montagne come le sue tasche. «Quando lavoravo in Svizzera - ci aveva raccontato - staccavo dal turno in un rifugio e volavo letteralmente nel giardino del nostro alloggio. Si trovava sotto al locale ed ero più rapido con un salto da base jumper».

I genitori sono partiti ieri mattina per il cantone di Berna dopo aver avuto un colloquio con i carabinieri. Ancora non è stata stabilita la data del funerale perché bisogna chiarire i tempi di rientro della salma in patria.

La carriera di Uli, iniziata molto presto con il paracadute, era al culmine con l’appoggio di grandi marchi mondiali come, appunto, GoPro o Red Bull con cui aveva realizzato da poco un filmato dove spiegava la sua disciplina. Sportler, che lo ha sostenuto fin dai primi passi, firmava la sua attrezzatura e in questo modo i salti si erano trasformati in un vero lavoro. A settembre avrebbe dovuto seguire un progetto in Irlanda per poi spostarsi in Cina e Sicilia. Una pratica sportiva capace di far sognare la gente e con un fascino legato anche all’altissimo tasso di pericolosità e spettacolarità. Ciò che Uli amava di più, però, era la montagna. «La soddisfazione di aprire un nuovo salto non è tanto nel volarci dentro, ma nel salire fino al punto di stacco e studiare ogni centimetro di traiettoria. Ecco perché so rinunciare».

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