Trento, profughi in corteo per il permesso

Centoventi giovani ospiti della residenza Fersina sfilano in centro: tempi biblici per i documenti


BOLZANO


TRENTO. Si sono stufati di vivere in un limbo, di non essere né carne né pesce, di dipendere da altri per vivere, di non avere prospettive. Si sono stufati e sono scesi in strada. Erano almeno un centoventi migranti, profughi ospiti della residenza Fersina, l’ex caserma Damiano Chiesa in via Maso al Desert. Da mesi, molti mesi, chi da sei o sette e chi anche da nove o dieci, aspettano un foglio. Un modulo che in gergo burocratico si chiama C3.

Si tratta del modulo per la richiesta di asilo che viene rilasciato dagli uffici della Questura. Di fatto altro non è che il primo gradino di una scala lunga fino a due anni. I migranti che ieri sono scesi in strada, però, finora non hanno potuto fare nemmeno il primo passo. E dire che si tratta di un passo comunque importante perché, una volta depositata la domanda, si ottiene il permesso di soggiorno per richiedenti asilo. I giovani della residenza Fersina, invece, son tra coloro che son sospesi, come direbbe Dante. Non hanno neanche il permesso di soggiorno. Qualche anno fa in Francia li avrebbero chiamati sans papiers. Hanno solo il diritto a dormire al caldo e 2 euro e 50 di pocket money, argent de poche, spiccioli con cui devono pensare al superfluo. Cioè a tutto quello che non è dormire, mangiare e coprirsi. E si sono stufati.

Ieri mattina presto sono scesi in strada con l’idea di inscenare una manifestazione. Armati di cartelli, alcuni scritti in inglese altri in francese pochi in italiano, e di telefonini si sono diretti a piedi verso il centro città. Credevano di andare in Questura. Traditi dal Google maps dei loro telefonini, si sono diretti verso la vecchia sede della Questura, in piazza Mostra. Così hanno marciato sotto un pioggia sottile, ma insistente. Poi, piano piano, si sono accorti di loro anche i trentini.













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antonella mattioli

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