Sanità

Tumori, screening e biopsie a rilento per colpa del Covid 

Guido Mazzoleni (Registro tumori): «La riduzione dell’attività sanitaria permane per i no vax. Rallentata gran parte della prevenzione con gli screening al colon, seno e le biopsie Inaccettabile che un paziente aspetti 2-3 settimane per sapere se il tumore è maligno o no»


Valeria Frangipane


BOLZANO. Tumori, la pandemia ha rallentato i programmi di screening - quindi le biopsie - ed ha influito sulle diagnosi. Gli ospedali sono in sofferenza tra assistenza ai pazienti Covid, personale sanitario sospeso perchè non vaccinato, malato o in quarantena e ancora personale distaccato altrove per supportare i reparti in difficoltà o impegnato nei centri vaccinali e nelle Rianimazioni. Ed a rimetterci sono gli altri pazienti, quelli “normali”.

Lo spiega bene Guido Mazzoleni, primario di Anatomia patologica al San Maurizio e responsabile del registro tumori dell’Alto Adige. «La riduzione dell’attività sanitaria permane per colpa di chi non si vaccina. Prendiamo gli esami di prevenzione. In Gastroenterologia rallenta l’attività programmata dello screening al colon - non supportata come servirebbe - col risultato che si scoprono meno tumori in fase iniziale ma più neoplasie in fase più avanzata. Stesso discorso vale per lo screening mammografico ed in questo caso ai problemi della Radiologia, fortemente impegnata sul fronte Covid, si è aggiunta, soprattutto nel primo periodo della pandemia, la paura delle donne ad andare in ospedale per i controlli.

Il risultato? Col ritardo negli screening sono diminuiti i tumori scoperti in fase iniziale ma inevitabilmente aumentati, mesi dopo, quelli clinicamente più evidenti. Con tutte le problematiche che ne conseguono». Il primario dice anche che il reparto di Pneumologia - chiamato a supportare in maniera importante Malattie infettive - sempre per il Covid - si vede costretto a ridurre l’attività di reparto ed ambulatoriale col risultato che anche in questo caso va a rilento la prevenzione, con le malattie che si rendono evidenti solo in fase più avanzata».

E Mazzoleni si aggancia alla questione già sollevata da Reinhold Perkmann, primario di Chirurgia vascolare e toracica all’ospedale di Bolzano, in merito al taglio fino al 50% degli interventi chirurgici, sempre dovuto alla pandemia. «Siamo chiamati a parlare col paziente ed a tranquillizzarlo - dice Perkmann - siamo diventati chirurghi-psicologi. Dobbiamo spiegare loro che lo slittamento di 5, 6, 7 settimane non comporterà danni irreversibili e credetemi non è facile».

Mazzoleni dice che anche questo è il punto. «Se è vero che nella maggior parte delle patologie anche tumorali, un ritardo di qualche settimana o pochi mese non è clinicamente rilevante, diventa psicologicamente devastante per il paziente costretto suo malgrado ad un’attesa che non comprende. “Ho un tumore - pensa - perchè non mi operano? Perchè succede a me?”. E la pandemia - riprende il primario - ha avuto di recente conseguenze importanti anche sui servizi di Radiologia, come già detto ed Anatomia patologica.

«E parlo di ritardo diagnostico - di due, tre settimane - per i referti di biopsie polmonari, polipi al colon, prostata, seno ecc. Questione che ritengo inaccettabile... il paziente non può aspettare a lungo per sapere se la neoplasia che l’ha colpito è maligna o benigna. Per me - come per tanti colleghi di altri reparti con i quali su questo punto siamo sempre stati d’accordo, collaborando al massimo - la celerità della risposta resta fondamentale anche perchè il ritardo della diagnosi si ripercuote sull’organizzazione di tutta la catena sanitaria. E non va bene. La riduzione dell’attività sanitaria permane per colpa di chi non si vaccina e poi finisce in ospedale. Invito tutti ad un’ulteriore riflessione. Perchè alla fine non conteremo solo le vittime “dirette” del virus, ma anche le “indirette”, quelle che per colpa della pandemia non hanno potuto essere curate nei tempi corretti».













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