Uccise l'ex fidanzato, condannata a 4 anni

Maryana Kaminska è stata creduta: usò il coltello solo per tenere lontano l'uomo


Mario Bertoldi


BOLZANO. Minimo della pena e riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti e della provocazione. Maryana Kaminska, sotto processo per l'omicidio del fidanzato, se l'è cavata con 4 anni. La pena inflitta ieri sera dalla giudice Silvia Monaco, a conclusione del processo con rito abbreviato, è il minimo assoluto previsto dal nostro codice per omicidio preterintenzione. Se si pensa che all'inizio del procedimento la donna era imputata di omicidio volontario e che alla fine è stata condannata al minimo dei minimi per omicidio preterintenzionale, gli avvocati difensori Beniamino Migliucci e Alessandrlo Tonon possono sicuramente essere molto soddisfatti del risultato processuale raggiunto. Anche se entrambi hanno annunciato ricorso in appello per andare anche oltre la provocazione e la preterintenzionalità, cercando di ottenere il riconiscimento della legittima difesa. Il pubblico ministero Igor Secco aveva chiesto la condanna della donna a 6 anni e 8 mesi di reclusione. Anche ieri particolare attenzione è stata riservata dal Pm alle indicazioni fornite dal proprio consulente tecnico che aveva confermato un elemento sempre sostenuto dalla difesa e cioè che il colpo inferto all'ex fidanzato (Mehmet Yildirim, 26 anni, cittadino turco) fu di natura difensiva. Come si ricorderà il dramma avvenne nell'ottobre di due anni fa in un albergo di Favogna di Sotto, nel Comune di Magrè. Ad aiutare la giudice Silvia Monaco ci ha pensato anche il perito d'ufficio che nel suo elaborato aveva confermato un particolare importante e cioè che la coltellata risultata mortale non venne inferta con forza dall'alto verso il basso. Al contrario la lama del coltello penetrò nel torace della vittima all'altezza del cuore su un piano orizzontale proprio come se Maryana Kaminska lo avesse tenuto fermo davanti a se quasi come scudo nei confronti dell'ex fidanzato che le veniva addosso. E' stata probabilmente proprio la dinamica del colpo, ben analizzata dal perito, a convincere sia la Procura che il giudice che la giovane donna ucraina non avesse alcuna intenzione di uccidere. La sentenza di ieri sera dimostra che la ragazza è stata creduta nella sua ricostruzione dei fatti anche perchè tutti i risultati tecnici degli esami peritali non l'hanno mai smentita. La giudice Silvia Monaco non ha però seguito la difesa sul fronte della possibile non imputabilità di Maryana per incapacità di intendere e di volere al momento del fatto, tesi sostenuta dal professor Luciano Magotti, psichiatra forense di Milano specializzato in criminologia clinica. Una incapacità di intendere e di volere - aveva sottolineato lo psichiatra - determinata dalla paura che Maryana aveva di quell'uomo che voleva imporle tutto, anche quando diventare madre (per questo voleva imporle un nuovo rapporto sessuale senza protezione). La paura della donna aveva «eliminato le funzioni dell'io», dunque la capacità di autodeterminarsi.













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