Urzì: «Via il 57% dei toponimi italiani»

Denunciati i contenuti dell’intesa a due giorni dalla riunione della commissione dei 6: «E la giunta mi obbliga a stare zitto»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Chi decide se uno che ha chiamato tutta la vita quel posto Montassilone, debba infine chiamarlo solo Tesselberg? O l'alpe di Villa Ottone soltanto "Uttenheim"? In un paese normale nessuno. In uno con una storia complicata, c'è invece qualcuno che si sta preparando a farlo. Rieccola la toponomastica.

Che intere generazioni di politici (soprattutto italiani e spesso democratici) hanno tentato di tenere in sordina e che adesso, invece, fa il suo ritorno rumoroso. Tanto che Alessandro Urzì, consigliere provinciale di Alto Adige nel cuore, dice: «Attenti: la commissione dei Sei (prossima riunione proprio il 23 settembre, dopodomani) è pronta a fare pulizia etnica. Spariranno centinaia di nomi italiani. Il 57 per cento». E non sconosciuti ai più - insiste il consigliere di centrodestra - ma appartenenti al patrimonio linguistico naturale di una comunità».

Ha chiesto lumi, Urzì. E lo ha fatto con Kompatscher: scusi, presidente mi sa dire che bolle in pentola? E Arno gli avrebbe risposto: «Non ti dico niente. Ti mostro solo qualche documento. Ma se ne parli guarda che potrei denunciarti per violazione di segreto d'ufficio... Per cui posso dire poco- rivela il consigliere - ma anche questo poco mostra che stanno preparando un mattatoio per i nomi italiani».

Per cui, al di là del contenuto della ripulitura toponomastica, il problema è questo: è corretto tenere tutto questo al buio, non aprirvi un dibattito, non dire con trasparenza quello che sparisce e quello che no?

«E invece si lascia tutto nelle mani di quattro commissari che decidono per tutti», insiste.

Che succede dunque? Pare questo. La commissione ha in mano poco più di 1500 toponimi. Una categoria "intermedia". Essendo nelle prime due già più o meno inseriti i nomi che resteranno bilingui (le città e i paesi più noti, tipo Bolzano, Merano, Silandro eccetera, la macrotoponomastica) e poi quelli che, al contrario, diverranno monolingui, cioè soltanto tedeschi (il rio, il sentiero). Il "veleno" si anniderebbe nel terzo gruppo, quello misto. Ed ecco l'inghippo, secondo Urzì: «A parte posti tipo Lavena, che scomparirà per far posto a solo a Langfenn, almeno il 57 per cento, più della metà, dei toponimi che la commissione e i politici della Volkspartei e del Partito democratico tenteranno di far passare per bilingui sono invece falsi bilingui». Esempi? L'Alpe di Silandro. Che secondo il prossimo venturo prontuario si chiamerà "Alpe Schlanderseralm". In pratica di italiano ci sarà soltanto alpe. Il resto, cioè Silandro, no. E così Masi della Muta, Villa Ottone e decine di altri.

Per non parlare di Vetta d'Italia, destinata a scomparire e a restare solo nei libri di storia, non più nelle carte geografiche e neppure nelle intestazioni burocratiche. Ma, come detto, il nodo non è solo linguistico.

«Mentre una prima parte dei nomi sono stati analizzati da una commissione paritetica Stato-Provincia - accusa Urzì - e , anche per me, in modo parzialmente condivisibile, tutto il resto è avvenuto attraverso trattative private. Tra Durnwalder e Fitto o tra lo stesso Durnwalder e Delrio». La prova? Una lettera dello stesso Durnwalder al ministro in cui lo ringrazia per aver accolto le sue proposte toponomastiche e gli suggerisce ulteriori soluzioni.

«Come quella, palesemente personalistica, di andare giù duri con i nomi monolingui nel territorio e di muoversi invece con prudenza intorno a Bolzano. Ragioni politiche dunque. E niente di scientifico». In conclusione.

Per Urzì, la commissione farà la sua pulizia, il governo approverà e il consiglio provinciale farà la sua legge. E Roma, consigliere?

«Lo scambio è già pronto: la Volkspartei che vota sì alla riforma e il governo che non muove un dito di fronte a questo mattatoio linguistico. E addio Statuto. Che prescrive il bilinguismo e che invece, d'ora in poi, avrà cittadini di serie A che useranno la loro lingua ovunque e cittadini di serie B che dovranno stare agli ordini».

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