Vadena, l’accusa è omicidio stradale

Alla guidatrice sotto procedimento penale è stata contestata l’aggravante di aver provocato l’incidente contromano


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Rischia cinque anni di reclusione la giovane donna che a Vadena, in località Birti, ha provocato l’incidente mortale costato la vita a Davide Simoni , il motociclista di 17 anni rimasto ucciso sul colpo per una mancata precedenza. L’accusa nei confronti della donna che era alla guida dell’auto è di omicidio stradale in quanto al momento le è stata contestata un’aggravante non da poco, cioè di aver provocato l’incidente guidando il mezzo contromano. In effetti le foto agli atti del procedimento dimostrano che la piccola utilitaria della donna (una Chevrolet Matiz) al momento di impegnare l’incrocio dell’incidente, si trovava completamente sulla corsia di sinistra della propria carreggiata . Una posizione inspiegabile che gli esperti , chiamati dai magistrati a ricostruire il sinistro, dovranno tentare di spiegare . Difficile pensare che da parte della guidatrice vi sia stata solo imperizia nell’affrontare l’incrocio. Intanto la donna ha nominato proprio difensore l’avvocato Alessandro Tonon che cercherà ovviamente di contestare l’aggravante sotto il profilo prettamente giuridico. La tesi è che al momento dell’impatto con la moto la vettura si trovava certamente sulla corsia di sinistra della strada di provenienza, ma in una posizione che non avrebbe avuto alcuna conseguenza sulla dinamica del sinistro avvenuto sulla strada principale ove la vettura si stava immettendo. La difesa, dunque, mira a far saltare l’aggravante. «La mia cliente non cerca alcuna giustificazione - ha puntualizzato ieri l’avvocato Alessandro Tonon - la donna è mortificata per aver provocato la tragedia e finora ha soltanto voluto puntualizzare che dalla striscia dello stop (ove avrebbe dovuto fermarsi dando la precedenza alla moto) sarebbe stato difficile vedere chi stava sopraggiungendo». L’indagata ha anche ammesso di aver arretrato di circa mezzo metro la vettura dopo l’impatto con Davide Simoni solo allo scopo di permettere al ragazzo di non rimanere pressato tra la moto e la macchina in attesa dell’arrivo dei soccorsi. Ovviamente ancora nessuno aveva capito che il giovane era morto sul colpo. «La donna non si da pace per quanto avvenuto e ripete soltanto di non aver visto il motociclista arrivare» ha puntualizzato ancora l’avvocato Tonon. Dopo la Procura, anche difesa e parte civile hanno nominato dei consulenti tecnici di fiducia incaricati di seguire la ricostruzione dell’incidente. Intanto l’amico che seguiva Davide Simoni in sella ad un’altra moto a poche decine di metri, ha ammesso che al momento dell’incidente stavano viaggiando a 60 chilometri all’ora, dunque oltre il limite imposto in quel tratto.

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