Violenza alla nipotina, 5 anni all’avvocato

Confermata in appello la sentenza di primo grado contro un noto professionista bolzanino. Rischia il carcere


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Cinque ore di camera di consiglio e di speranza. Poi per l’avvocato bolzanino accusato dal fratello di aver abusato sessualmente dei due nipotini, il mondo si è nuovamente fermato. Così come accadde nel novembre di quattro anni fa in occasione della sentenza di primo grado. Ieri la corte d’appello di Trento è rimasta in camera di consiglio cinque ore prima di decidere di confermare in tutto e per tutto la sentenza di condanna del tribunale di Rovereto. L’avvocato bolzanino, accusato di aver abusato in termini pesantemente maniacali della nipotina (all’epoca dei fatti di 8 anni) si è visto dunque confermare la condanna a 5 anni e 2 mesi di reclusione. Per i giudici non è stata una decisione facile. Lo dimostrano le cinque ore di camera di consiglio. Alla fine sono state respinte non solo le istanze della difesa (sostenute dagli avvocati Beniamino Migliucci e Guglielmo Gulotta) che chiedeva la piena assoluzione ma anche quelle della Procura generale che ha insistito per inasprire la condanna portandola a 9 anni di reclusione. Alla fine, come detto, è stato semplicemente confermato il verdetto di primo grado. Su tre capi d’imputazione, il legale bolzanino è stato riconosciuto colpevole solo per uno. Ma si tratta comunque di un verdetto che fa sprofondare il professionista in un incubo sempre più profondo. Ad inchiodarlo è stato il racconto della nipotina che all’epoca dei fatti aveva 8 anni. Così come successo in primo grado, anche i giudici di appello hanno frazionato la testimonianza dei nipotini dando credibilità solo alle dichiarazioni della bambina più grande (il maschietto all’epoca aveva 4 anni). Ma non a tutte. Delle dichiarazioni della nipotina, infatti, sono state ritenute credibili solo quelle fatte prima della denuncia e dell’arresto dello zio. Insomma, solo una parte delle dichiarazioni della piccola sono state ritenute genuine. Fu in effetti un incubo notturno della piccola, emerso durante un periodo di vacanza al mare nel giugno del 2008, a far emergere le accuse. La bambina, infatti, urlò nel sonno sino a svegliarsi e alla mamma, che accorse a rassicurarla, raccontò dei presunti abusi subiti per anni dallo zio. E’ questo il cuore del teorema accusatorio che ha retto anche in appello. Non è stata sufficiente neppure la lucida arringa dell’avvocato Migliucci che in tre ore ha messo in rilievo alcuni aspetti apparentemente inverosimili delle tesi accusatorie. La difesa ha posto l’attenzione sui mille dubbi che questa storia ha sempre alimentato ad iniziare dal responso di alcuni accertamenti clinici sui minori, anche di natura ginecologica per quanto riguarda la nipotina. Le analisi mediche non hanno mai portato ad un riscontro oggetto e dunque alla conferma dei presunti abusi anche se da un punto di vista strettamente processuale i consulenti tecnici non hanno potuto escludere che vi possano essere stati. In primo grado la inattendibilità di buona parte dei racconti dei nipotini aveva anche portato all’assoluzione della nonna (la mamma dell’imputato) che era stata accusata di aver assistito alle presunte pratiche maniacali del figlio collaborando e restando in silenzio. La difesa ha concluso sostenendo la «totale complessiva inattendibilità delle accuse anche nei confronti dello zio». L’avvocato Migliucci ha rimarcato l’attenzione su fatti difficilmente credibili anche sulla base della dislocazione della casa ove gli episodi sarebbero avvenuti.

Inutilmente la difesa ha chiesto un sopralluogo nella casa per dimostrare come fosse impossibile che l’imputato potesse porre in essere violenze maniacali di quel tipo senza mai essere notato o senza mai provocare comunque una reazione o un pianto da parte delle vittime.

In sentenza i giudici hanno confermato anche l’assoluzione per le presunte molestie ad una bimba di 12 anni lungo la pista ciclabile a Marco di Rovereto.

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