Violenza in casa: 140 bimbi sotto protezione nel 2016

Madri picchiate e figli testimoni, una spirale da interrompere: sala piena alla Lub Il Comune progetta 8 appartamenti per chi vuole allontanarsi dai mariti violenti


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Una madre picchiata. I bambini testimoni della violenza sono vittime anch’essi e vanno assistiti. Perché la violenza va interrotta. Un bambino inserito in un ambiente deteriorato può diventare da adulto un aggressore. Una bambina può pensare che quello sia il modello dello stare in coppia.

Si è riempita l’aula magna della Lub ieri per il convegno «Violenza assistita», organizzato da Comune e Provincia, partner della rete dei servizi contro la violenza di genere (al tavolo i saluti degli assessori Repetto, Lorenzini e Stocker). 380 persone hanno seguito le relazioni della mattina e i workshop del pomeriggio. Quasi quattrocento persone da Alto Adige e Trentino, tutti coinvolti a diverso titolo nella lotta alla violenza in famiglia: operatori, assistenti sociali, forze dell’ordine, magistrati, psicologi. Mondi professionali diversi, che devono mettere a punto un linguaggio comune e una piattaforma operativa. È uno dei problemi emersi ieri. «Questo non è il salotto buono dei centri anti violenza. Si lavora insieme per superare i punti critici», riassume Stefano Santoro (direttore Ufficio famiglia, donne, gioventù del Comune). Il convegno si è concentrato sui bambini che assistono alla violenza familiare. Petra Frei (direttrice dell’Ufficio tutela minori della Provincia) ha portato i dati. Nel 2016 le cinque case delle donne con alloggi segreti presenti in Alto Adige hanno accolto 151 donne, accompagnate da 140 minori. Altre 160 donne si sono rivolte alle case delle donne per consulenza. Nel 2015 le case segrete avevano ospitato 107 donne e 130 minori. Non significa necessariamente che la violenza in casa sia in aumento. «Riteniamo piuttosto che stia emergendo tanta violenza sommersa, le donne rompono la vergogna e denunciano», spiega Santoro. Violenza assistita, dice Santoro, «significa violenza subita. Per i servizi è molto chiaro che l’assistenza va estesa dalle donne ai minori testimoni». Le case protette sono indispensabili per sottrarre donne e figli agli aggressori e avviare gli interventi terapeutici. E dopo? C’è ancora un vuoto. Le donne prive di mezzi rischiano di tornare dal compagno violento. Il Comune ci sta lavorando. Verranno costruiti 8 alloggi a Casanova per accogliere temporaneamente le donne che lasciano le case segrete. «Un tetto sopra la testa per avere il tempo di organizzarsi una nuova vita», spiega Santoro. E quando scatta la violenza, al pronto soccorso di Bolzano da un anno funziona il progetto Erika: le donne che segnalano violenza (fisica o sessuale) vengono immediatamente accompagnate in una saletta a parte, dove trovano assistenza medica e possono denunciare l’aggressione. Lo psicoterapeuta Claudio Foti (Torino) ha incalzato: «L’impatto traumatico aumenta enormemente, se il bambino è lasciato da solo con emozioni che non può comunicare». È necessario, dice Foti, che gli operatori sviluppino «intelligenza emotiva». E ancora: «le emozioni non espresse tendono a trasformarsi negli adulti in agiti violenti, strumentali e perversi». Rossella Procaccia (psicoterapeuta, Milano) ha parlato di bambini vittime due volte, «perché il comportamento violento risulta traumatizzante e perché il genitore violento fallisce nel compito protettivo, non preservando i figli dalla propria violenza». Cosa scatena la violenza? «Spesso insorge in gravidanza e si accentua dopo la nascita dei figli», ha ricordato l’assistente sociale Fanny Marchese della clinica Mangiagalli di Milano. Interventi anche di Henrike Krüsmann (Berlino) e Marcella Pirrone (avvocato, Gea).

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