Vitalizi, restituisce anche Seppi

L’ex consigliere di Unitalia versa 224 mila euro: «Seguo la mia coscienza, non le sentenze»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Donato Seppi non presenterà ricorso contro la legge sui vitalizi. «Restituirò i 224 mila euro che mi sono stati chiesti» annuncia. I «suoi» di Unitalia lo sapevano da mesi. «Ho deciso praticamente subito». Chi lo conosce immaginava che avrebbe potuto finire così. «Non mi candiderò più in alcuna elezione», chiarisce, «ho deciso di restituire per stare bene con la mia coscienza, non per opportunità». E sul web è subito boom di commenti positivi.In consiglio provinciale per tre legislature fino al 2013, Seppi ha ricevuto 710.610 euro netti di anticipi sui vitalizi grazie alla legge Thaler del 2012, divisi tra 260.610 euro in denaro liquido e 450 mila nelle quote del fondo Family. In base alla nuova legge regionale, che ha ricalcolato le attualizzazioni, Seppi ha diritto a 486.074 euro netti. Il decreto firmato dal presidente del consiglio regionale Diego Moltrer gli chiede la restituzione di 224.535 euro. «E così farò», annuncia. In jeans e giaccone, Seppi racconta una decisione che sicuramente aiuta il suo movimento. Accanto a lui, Marco Caruso, Danilo Noziglia e Gianfranco Piccolin.

Non si unisce alla lista degli ex colleghi che fanno causa?

«No. Non voglio fare passare l’idea che sto criticando chi presenta ricorso, attenzione. Hanno le loro ragioni giuridiche, magari vinceranno. Il fatto è che non ho bisogno di un giudice che mi dica cosa fare. Faccio decidere la mia coscienza. Alle elezioni avevamo preparato un manifesto in cui dicevamo che guardiamo tutti negli occhi. Non sono nelle condizioni di aggiungermi alla lista di chi presenta ricorso. È una questione di principio. Non puoi avere detto per venti anni che sei la destra sociale, che stai dalla parte degli operai e poi trovarti a rispondere di una vicenda di questo tipo, quanto intorno a te vedi persone che perdono il lavoro. Un conto sono i diritti acquisiti, un altro conto sono le scelte politiche. Voglio essere libero da questa storia e voglio che lo sia Unitalia».

Anche secondo lei la legge regionale sulle restituzioni mette in discussione i vostri diritti acquisiti?

«Sì, giuridicamente sì. Ma i diritti secondo me non possono essere visti solo dal punto di vista legale. Vanno anche decisi socialmente».

Quando ha deciso?

«Praticamente subito, non ho mai pensato di tenermi quei soldi. Non c’erano state ancora le proteste. Ho chiamato Piccolin e gli ho chiesto di organizzare una fondazione. Mi piaceva l’idea di usare il denaro per aiutare persone in difficoltà. Non abbiamo detto nulla perché c’era una tale confusione, una tale incertezza, che se avessi annunciato una fondazione sarebbe spuntato qualcuno pronto a dire “altro che fondazione, vuole dire che i soldi se li tiene”. Lo so che il mio silenzio sembrava strano. È arrivata la legge, mi è stato consegnato un decreto in cui mi si chiede di restituire 224 mila euro e ho deciso di fare così. Avrei preferito la fondazione, ma se faccio un bonifico potrò guardare tutti in faccia. E anche mia figlia potrà essere orgogliosa di me. Non sono pochi soldi, ma ho lavorato tanto con la mia impresa e non ho avuto bisogno della politica per costruirmi una casa, a Laives o altrove... ».

Se gli altri vinceranno i benefici ricadranno anche su di lei.

«Non credo».

Lei faceva parte dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale con la presidente Rosa Thaler. Perché non segnalò pubblicamente che la legge avrebbe provocato il versamento di milioni di anticipi?

«Potrei rispondere che abbiamo garantito il risparmio di 10 milioni di euro. Posso farlo? No, socialmente questa cosa non la puoi dire. Si parlava di attualizzazioni, ma senza cifre. Mi sono astenuto sulla quantificazione della aspettativa di vita. Rifiuto il concetto che un politico viva più di un operaio. È vero, ma lo rifiuto politicamente».

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