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Laives, depone la moglie accusata di aver ucciso il marito con il metanolo: "Innocente, è stata una fatalità"

Jana Surkalova ha testimoniato in aula: "Era talmente ubriaco che può aver bevuto qualsiasi cosa"


di Alan Conti


BOLZANO. "Una tragica fatalità si è portata via mio marito, niente di più".

Omicidio al metanolo a Laives, il superteste: «Sparita una bottiglia di alcol» Il collega della vittima: «Svuotata il giorno dopo, non so da chi». La difesa: «La moglie minacciata di morte la settimana prima»

Jana Surkalova, 42 anni, è arrivata ieri (venerdì 24 marzo) a Bolzano da Hodonin in Repubblica Ceca per testimoniare al processo che la vede imputata per la morte del marito Josef Surkala, 46 anni. L'uomo morì a causa di un'intossicazione da metanolo il 13 dicembre 2013 a Laives mentre lavorava come bracciante presso la ditta "Alois De Franceschi". Le indagini si sono subito concentrate sulla moglie arrivata poco prima in Alto Adige per fare visita alla vittima e accusata di omicidio volontario premeditato. Durante un'udienza durata parecchie ore Surkalova ha ripercorso le ultime ore del marito interrogata dal pm Giancarlo Bramante e dai suoi avvocati difensori Boris Dubini del foro di Como e di Elena Sofia Pigretti di Lecco (nominata ieri nel procedimento).

"Sono arrivata nella baracca dove abitavamo con Tomas Kocifaj e Robert Kotulek, colleghi di Josef - ha spiegato Surkalova ripercorrendo la notte prima della morte del marito - e loro erano già tutti ubriachi. Avevano bevuto molto, troppo: tanta vodka. Josef ad un certo punto è andato a dormire perché era sfinito. Sulla tavola ricordo una bottiglia di plastica dove Kotulek aveva versato dell'alcol sciogliendo alcune caramelle. Io non l'ho visto, ma può essere che mio marito abbia bevuto da lì". Proprio la bottiglia di plastica è un elemento centrale per la difesa. "Non è mai stata ritrovata - spiega il legale Dusini - e potrebbe essere stata bevuta da chiunque". Anche perché, secondo la testimonianza della moglie, Surkala si sarebbe svegliato in piena notte. "Mi sono accorta che non era al mio fianco e che la porta della baracca era aperta. Entrava freddo. Per raggiungere il bagno bisognava percorrere tutto il cortile e Josef stava tornando dai servizi. Aveva il labbro rotto, pieno di sangue. Era caduto perché stava male. Imprecava molto arrabbiato. Gli ho applicato del ghiaccio e poi è tornato a dormire". Le versioni dei teste su quel che accadde la mattina dopo non sono più coincidenti. "Mio marito era molto contrariato con se stesso per la ferita riportata" ha ricordato l'imputata. "Kotulek e Kocifaj, che erano con lei, ricordano che Josef la insultò chiedendole di sparire" la replica del pm Bramante. "Alla luce delle contraddizioni - ha aggiunto Dubini - torneremo a chiedere un esame incrociato dei teste".

Il giorno successivo Surkala ebbe un incidente in auto, tornó a casa, si sentì male fino al ricovero in ospedale e la morte alle 23.35. Gli esami rivelarono un avvelenamento da metanolo. "Io volevo chiamare l'ambulanza perchè temevo una commozione cerebrale - continua Surkalova - ma Josef rifiutó categoricamente. Arrivó a non reggersi più in piedi e il ricovero divenne inevitabile. Scoprì solo dopo la causa della morte”. Una dose di metanolo nel sangue pari a 250 grammi per litro a fronte di una soglia di sopportabilità umana di 40. Proprio Surkalova aveva acquistato, pochi giorni prima, del metanolo in Repubblica Ceca. “L'abbiamo comprato e abbiamo anche la fattura – interviene il legale Dubini – perché serviva al marito. In agricoltura viene utilizzato normalmente come antigelo”. In un processo fortemente indiziario l'accusata ha cercato di smontare ogni movente. “Josef era la principale fonte di reddito per lei, non ha pensione né assicurazione e la polizza vita sul marito era scaduta da un anno. Jana si trova in enormi difficoltà considerando che è stata anche paziente oncologica. La nostra tesi rimane quella dell'incidente: erano talmente ubriachi che hanno bevuto la prima cosa che hanno trovato a tiro: il metanolo dell'antigelo”.













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