Manicure, le addette sono pronte a dare battaglia
Lockdown. Specialiste sul piede di guerra: «Non siamo estetiste, dovevamo restare aperte» «Per svolgere la nostra attività svolgiamo corsi biennali offerti proprio dalla Provincia»
Laives. L’attività di onicotecnica (cioè di chi si occupa di cura e ricostruzione delle unghie) è assimilabile alla categoria delle estetiste e perciò da chiudere fino al 28 febbraio? Per Loredana Barna, che da alcuni mesi ha aperto il suo piccolo studio in via Kennedy, non è così.
«A parte il fatto che in Provincia, alla quale mi sono rivolta, sembrano avere un’idea molto approssimativa di che cosa sia l’onicotecnica – spiega Barna – nessuno mi ha saputo spiegare come mai veniamo poste sullo stesso piano delle estetiste. Nel nostro lavoro, le clienti entrano una alla volta e non c’è uno spazio dove sostare in attesa del proprio turno. Noi operiamo con i guanti e con la mascherina Ffp2, separate dai clienti da uno schermo in plexiglas, con costante disinfezione di tutto il materiale, anche mediante sterilizzatore a raggi Uv. Ma nonostante questo ci impongono di chiudere senza nemmeno avere chiaro che tipo di attività svolgiamo. Eppure, per poterla esercitare ufficialmente, ho dovuto superare un corso serale di due anni erogato dalla stessa Provincia, superare un esame e infine fare praticantato per sei mesi da un’estetista. Ho dovuto imparare anche nozioni di pronto soccorso, di anatomia e di igiene, Insomma, di tutto e di più per garantire un servizio sicuro e professionale, ma evidentemente per la Provincia non basta. Inoltre siamo considerate nella categoria delle estetiste, le quali invece hanno un approccio ben diverso con le clienti».
Loredana Barna, origini rumene, spiega che è in Italia da vent’anni e che ha una figlia minorenne. «Avevo aperto l’attività qui in via Kennedy lo scorso primo novembre e il 30 dello stesso mese ho dovuto chiudere. Quindi nuovamente lockdown dal primo al 21 dicembre. Ho potuto riaprire il 7 gennaio e adesso sono state stabilite altre tre settimane di chiusura».
Anche lei elenca le difficoltà che dichiarano altri operatori costretti a periodiche chiusure: «La prossima settimana arrivano da pagare l’Inps e l’affitto. Ho pure dovuto spendere 630 euro per un nuovo tipo di cassa e inoltre c’è il mutuo. Vorrei capire come fare, altrimenti che ci dicano chiaro e tondo che dobbiamo chiudere, così porto le chiavi al presidente della Provincia: che vada avanti lui. Io lavoro dieci ore al giorno e mangio un panino a mezzogiorno pur di portare avanti l’attività, ma a queste condizioni diventa impossibile».
Parole condivise da Elisa Monfregola, che a sua volta ha uno studio di onicotecnica a Oltrisarco. «Riuscire ad avviare l’attività è stato un percorso a ostacoli. Ho potuto parlare col segretario dell’assessore Achammer, che mi ha confermato che non c’è nulla da fare. Ho anche capito che la Provincia non sa cosa sia esattamente l’onicotecnica, nonostante organizzi corsi specifici».